Se non vi sono segni di alterazione, è legittimo il rifiuto del conducente del veicolo di sottoporsi agli accertamenti per verificare la presenza nel suo corpo di sostanze stupefacenti

È legittimo il rifiuto del test per verificare se il conducente sia sotto l’effetto di sostanze stupefacenti qualora non vi siano segni di alterazione

Sul punto si è espressa di recente la Corte di Cassazione penale, sezione IV, con la Sentenza n. 12197 del 14 marzo 2017

La Quarta sezione Penale della Corte di Cassazione, con la sentenza n. 12197 del 14 marzo 2017 ha stabilito che, il conducente di un veicolo può rifiutarsi di compiere il test non invasivo, al fine di verificare lo stato di guida sotto l’effetto di sostanze stupefacenti nel caso in cui non vi siano elementi che facciano sospettare il suo stato di alterazione.

L’articolo 187 del codice della strada, sanziona penalmente chi si mette alla guida di un mezzo in stato di alterazione psicofisica; gli organi di polizia possono sottoporre i conducenti ad accertamenti non invasivi, anche attraverso l’uso di strumenti portatili.

Nel caso in cui i test effettuati dalla polizia stradale conducano ad un esito positivo, o se si ha il ragionevole motivo di ritenere per la presenza di segni di alterazione che il conducente del mezzo sia sotto l’effetto di sostanze stupefacenti, si possono compiere degli accertamenti clinico-tossicologici e strumentali, ovvero analisi su campioni di mucosa orale o di fluido proveniente dal cavo orale, prelevati dal personale sanitario ausiliario delle forze di polizia.

Se non sia possibile sottoporre il soggetto ai predetti prelievi, per mancanza del personale addetto o perché il soggetto si rifiuta, gli agenti di polizia devono accompagnarlo presso una struttura sanitaria.

La vicenda:

nel caso di specie, gli agenti di polizia, non essendo in possesso degli strumenti di rilevazione portatile, avevano invitato l’imputato a farsi scortare presso una struttura sanitaria per compiere un prelievo del sangue, al fine di accertare lo stato di alterazione psicofisica, tuttavia non sussisteva alcun elemento che facesse presumere tale alterazione.

La condotta che aveva fatto sospettare gli agenti era da rinvenire solamente nel fatto che il conducente, una volta vista la pattuglia, aveva bruscamente cambiato direzione per evitare i controlli.

Secondo i giudici della Corte di Cassazione, nel caso in esame non vi sono le condizioni per considerare legittima l’intimazione rivolta dagli agenti al conducente di sottoporsi ad accertamenti ospedalieri, in quanto non erano stati acquisiti elementi utili per provare lo stato di alterazione dell’imputato.

Dott.ssa Benedetta Cacace