SINISTRI A CAUSA DI ANIMALI SELVATICI IN AUTOSTRADA

Animali in autostrada: chi paga i danni se succede un incidente?

Secondo la Corte di Cassazione, non è sufficiente che la recinzione sia integra, se un animale vaga in autostrada provocando un sinistro, il gestore è tenuto a risarcire i danni.

Chi deve pagare i danni causato alle automobili in caso di sinistro dovuto alla presenza in autostrada di animali selvatici?

A tale domanda ha risposto la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 11785/2017.

Il caso di specie:

Un automobilista aveva convenuto in giudizio la società di gestione dell’autostrada, innanzi al Tribunale di Milano, domandando la condanna al risarcimento dei danni non patrimoniali subiti in conseguenza di un incidente causato mentre era alla guida di una vettura in un tratto autostradale.

L’uomo, in particolare collideva contro un capriolo che aveva invaso la carreggiata nel momento del suo passaggio.

Il Tribunale di Milano aveva accolto la domanda, ma la Corte di Cassazione aveva ribaltato il giudizio, escludendo la responsabilità della società di gestione dell’autostrada sulla circostanza che la rete di recinzione esterna della sede autostradale, nel tratto interessato dall’incidente, era risultata integra.

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Questa circostanza impediva, secondo la Corte territoriale, di formulare un giudizio di responsabilità della società ex art. 2051 c.c., in quanto l’ignoranza in ordine alle modalità, al tempo e al luogo di ingresso dell’animale nella sede autostradale non permetteva di affermare la sussistenza del rapporto di causalità tra la cosa in custodia della convenuta/appellante ed il sinistro che aveva causato i danni lamentati dall’attore/appellato.

La stessa circostanza, secondo i giudici della Corte d’Appello, escludeva la possibilità di ritenere la società di gestione dell’autostrada responsabile ex art. 2043 c.c. non potendo formularsi a suo carico alcuna censura di negligenza e non essendo da essa prevedibile l’anomalia rappresentata dall’ingresso in autostrada dell’animale selvatico.

V. anche

L’uomo, contro tale sentenza aveva proposto ricorso in Cassazione.

I giudici di Cassazione, con la sentenza n. 11785/2017 hanno ribadito che:

“La responsabilità per i danni cagionati dalle cose in custodia, prevista dall’art. 2051 c.c., ha natura oggettiva e trova fondamento nell’esigenza che chi trae profitto dalla cosa assuma anche il rischio per i danni che la cosa medesima possa arrecare ai terzi. Essa dunque presuppone unicamente l’esistenza del nesso eziologico tra l’evento dannoso e la cosa nonché l’esistenza della relazione custodia tra quest’ultima e il responsabile, al quale la responsabilità viene imputata a prescindere da ogni accertamento di colpa, per il fatto di essere titolare del potere di governo della cosa, inteso come potere di controllarla, di eliminare le situazioni di pericolo che siano insorte e di escludere i terzi dal contatto con essa”.

Dott.ssa Benedetta Cacace


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