UNA PRONUNCIA INTERESSANTE SUGLI ATTI PERSECUTORI: SI ALLA CONDANNA ANCHE SE LA VITTIMA APPARE ACCONDISCENDENTE

Punibilità ex art. 612-bis c.p. anche se la vittima è accondiscendente?

Corte di Cassazione, quinta sezione penale, sentenza n. 27466 del 2018

La Corte d’Appello di Trieste ha confermato la sentenza di primo grado nei confronti di una donna, condannata alla pena di giustizia per il delitto ex art. 612 bis c.p. e per il delitto di danneggiamento aggravato ex art. 635 in relazione all’art. 625 n. 7 c.p.

Avverso tale decisione la stessa proponeva ricorso, lamentando che la sentenza in questione non ha tenuto conto dell’atteggiamento conciliante della vittima, che aveva sempre risposto alle sue presunte telefonate moleste.

La presunta vittima non aveva mai cambiato numero di telefono e si era intrattenuta spesso a parlare con lei, dimostrando in tal modo di non aver subito alcun turbamento psicologico.

Mentre in  merito al reato di danneggiamento aggravato, era emerso che l’imputata era solita danneggiare le auto di coloro i quali passavano sul suo posto auto.

Secondo gli Ermellini il ricorso non merita di essere accolto, in quanto, in primo luogo, si deve osservare che la remissione e l’accettazione della querela per i delitti di cui l’imputata deve rispondere, non hanno efficacia, dato che il reato di danneggiamento è stato contestato nella forma aggravata ex art. 635 in relazione all’art. 625 n. 7 c.p., avendo come oggetto vetture parcheggiate sulla strada pubblica ed esposte alla pubblica fede; questa fattispecie criminosa si pone al di fuori della depenalizzazione ed è perseguibile d’ufficio.

Nel caso in esame, il delitto di danneggiamento è connesso al delitto ex art. 612 bis c.p., in quanto compiuto in esecuzione di un medesimo disegno criminoso.

Ma più nel merito degli atti persecutori, la Corte di Cassazione ha giustificato la conferma della responsabilità della donna, richiamando la testimonianza della persona offesa, che ha riferito che di fronte alle numerose telefonate della donna, si era vista costretta ad adottare un comportamento conciliante, conoscendo la fragilità psicologica della stessa.

Inoltre la persona offesa ha dichiarato che non aveva potuto cambiare numero di telefono per motivi di lavoro, in quanto avrebbe perso numerosi clienti.

Gli Ermellini non hanno dato alcun peso al comportamento accondiscendente della vittima, avendo considerato la complessiva e reiterata condotta persecutoria  avendo accertato il disagio psichico che era riuscita a creare sulla persona offesa.

Dott.ssa Benedetta Cacace


VUOI RIMANERE SEMPRE AGGIORNATO? ISCRIVITI ALLA NEWSLETTER