TRATTAMENTO INUMANO PER IL DETENUTO A CUI VIENE NEGATA LA FISIOTERAPIA

Negare ad un detenuto un trattamento fisioterapico può far scattare il caso di detenzione inumana?

Corte di Cassazione, prima sezione penale, sentenza n. 52526 del 2018

La Corte di Cassazione, prima sezione penale, con la sentenza n. 52526 del 2018 ha chiarito che il detenuto sottoposto al 41 bis ord. pen. ha il diritto ad essere indennizzato per i trattamenti inumani subiti.

Il Tribunale di primo grado aveva dichiarato inammissibile il reclamo proposto da un detenuto sottoposto al regime differenziato ex art. 41bis ord. pen. avverso la decisione di rigetto della domanda di ristoro del pregiudizio da detenzione inumana o degradante.

Il detenuto aveva posto un tema di diritto, rappresentato dalla possibile rilevanza, ai fini dell’integrazione del precetto contenuto nell’articolo 35 ter dell’ordinamento penale, di una prolungata inattuazione di un presidio terapeutico ritenuto, pacificamente, necessario per la cura di una particolare patologia di cui era affetto.

Nel caso in questione, la parte ha inteso prospettare nel reclamo la rilevanza di una specifica questione, ossia la mancata prestazione del trattamento fisioterapico, in sede di qualificazione dell’offerta trattamentale come non conforme all’art. 3 della Conv. Eu., rappresentando l’incidenza di tale omissione al fine di ritenere integrato il trattamento vietato dalla legge perché inumano o degradante.

Gli Ermellini, intervenuti sulla questione hanno dichiarato ammissibile il ricorso, e deve essere valutato nel merito, dato che il richiamo, contenuto nell’art. 3 sopra richiamato, come interpretato dalla Corte Edu, implica la rilevanza del tema dell’offerta di prestazioni sanitarie adeguate.

Deve essere ribadito che:

“La violazione dei contenuti dell’art. 3 della Conv. Eu. può determinarsi in virtù di condotte di inosservanza, da parte dell’amministrazione penitenziaria, dei diritti fondamentali della persona umana, sottoposta al trattamento rieducativo, la cui individuazione ed il cui livello di gravità va apprezzato in concreto come la stessa Corte Edu h avuto modo di affermare”.

Dott.ssa Benedetta Cacace


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