SULL’OMISSIONE DEL CONSENSO INFORMATO IN CASO DI INTERVENTO CHIRURGICO

Interventi chirurgici ed omissione del consenso informato

Tribunale di Napoli, seconda sezione, sentenza del 24/09/2018

I fatti di causa originano da una controversia posta in essere dall’attrice nei confronti della struttura ospedaliera e del sanitario che le aveva praticato un intervento di mastoplastica additiva.

Nello specifico l’attrice lamenta di aver riportato degli esiti insoddisfacenti e dannosi per la sua salute in seguito a diversi interventi di chirurgia estetica; infatti questa si era sottoposta a ben cinque interventi per correggere gli inestetismi e le complicanze insorti a seguito del primo.

Il Tribunale preliminarmente affronta la questione riguardante l’intervenuta prescrizione dei diritti azionati in diritto dall’attrice, rammentando che il danno effettivo può non configurarsi come realizzatosi al momento dell’intervento operatorio ma essersi prodotto in un successivo momento.

Detto ciò emerge che fintanto che il danno non si manifesta il termine di prescrizione non inizia a decorrere.

Quindi, come disposto dalla sentenza n. 5504 della Corte di Cassazione civile, seconda sezione del 2012, al fine di determinare il dies a quo di decorrenza della prescrizione occorre innanzitutto verificare il momento in cui sia prodotto, nella sfera patrimoniale del creditore, il pregiudizio causato dal colpevole inadempimento del debitore.

L’articolo 2935 c.c. dispone che:

“La prescrizione comincia a decorrere dal giorno in cui il diritto può essere fatto valere”

Tale prescrizione collega la decorrenza del termine di prescrizione alla possibilità di far valere il diritto.

Come già affermato da costante orientamento giurisprudenziale, in tema di risarcimento del danno

“l’impossibilità di far volere il diritto quale fatto impeditivi della decorrenza della prescrizione ex art. 2935 c.c., è solo quello che deriva da cause giuridiche che ne ostacolano l’esercizio e non comprendono, quando il danno è percettibile e conoscibile da parte del pericolo, gli impedimenti soggettivi o gli ostacoli di mero fatto, tra i quali l’ignoranza , da parte del titolare, del fatto generatore del suo diritto, o il dubbio soggettivo sull’esistenza di conto diritto del ritardo indotto dalla necessitò del suo accertamento”.

Ora, passando al merito della controversia, si deve notare che i consulenti tecnici d’ufficio hanno escluso la ricorrenza della fattispecie “colpa medica” nel caso di specie, infatti il pregiudizio patito dall’attrice rientra nell’ambito delle complicanze che possono realizzarsi fino ad un 30% di interventi chirurgici analoghi a quelli di lite.

Essendo complicanze che si verificano spesso, il medico chirurgo avrebbe dovuto dare specifiche informazioni all’attrice per permetterle di scegliere in maniera consapevole se sottoporsi all’intervento o meno.

Il sanitario ha l’obbligo di acquisire il consenso informato dal paziente, essendo un’adeguata informazione l’elemento ineliminabile per la formazione del contratto, e su di esso grava l’onere probatorio di avere adeguatamente informato il paziente.

Nel caso di specie deve escludersi che l’assenza del consenso informato possa determinare il risarcimento del danno alla salute, nel caso in cui, come quello in oggetto, gli interventi chirurgici siano stati correttamente eseguiti.

Infatti, come disposto dalla Corte di Cassazione civile, con la sentenza n. 2369 del 2018:

“può essere riconosciuto il risarcimento del danno alla salute per la verificazione ditali conseguenze, salvo ove sia allegato e provato, da parte del paziente, anche in via presuntiva, che, se correttamente informato, avrebbe rifiutato di sottoporsi a detto intervento ovvero avrebbe vissuto il periodo successivo ad esso con migliore e più serena predisposizione ad accettarne le eventuali conseguenze”.

Detta prova non era stata posta in essere dall’attrice.

Anzi, l’insistenza della stessa nel procedere all’effettuazione dei successivi interventi, volti all’eliminazione dei fastidi patiti con i precedenti, lascia presumere che la stessa anche se fosse stata a conoscenza delle prevedibili complicanze si sarebbe ugualmente sottoposta.

In ogni caso si deve specificare che il consenso informato è un diritto fondamentale della persona ed attiene all’espressione della consapevole adesione al trattamento sanitario posto in essere dal medico, e quindi alla libera e consapevole autodeterminazione del paziente.

Nel caso in cui il sanitario violi tale diritto del paziente, ne deriva un danno-conseguenza autonomamente risarcibile, costituito dalla sofferenza e dalla contrazione della libertà di disporre di sé stesso.

Sulla base di quanto sopra esposto il Tribunale ha condannato il sanitario a risarcire i danni patiti dalla paziente.

Dott.ssa Benedetta Cacace


VUOI RIMANERE SEMPRE AGGIORNATO? ISCRIVITI ALLA NEWSLETTER