“NO” ALLA MISURA DI SICUREZZA PIÙ GRAVE SE NON SONO STATI COMMESSI NUOVI REATI

Non è possibile applicare una misura di sicurezza più grave in luogo di quella più lieve se il condannato non ha commesso nuovi reati

Ciò è quanto emerge dalla sentenza della Corte di Cassazione, prima sezione penale,  n. 39941 del 2018.

Nel caso di specie, il Tribunale di sorveglianza aveva respinto l’appello proposto dall’imputato contro l’ordinanza del Magistrato di sorveglianza di Roma, che aveva aggravato la misura di sicurezza della libertà vigilata con la misura della casa di lavoro per 3 anni, sostenendo che la sottoposizione dell’uomo ad una misura cautelare coercitiva per il reato di omicidio pluriaggravato, fosse dimostrativa di una sua concreta pericolosità sociale, non contenibile solamente con la misura della libertà vigilata, e non attenuata nemmeno dalla sua età e dalle sue condizioni di salute.

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La Corte di Cassazione, intervenuta nella vicenda ha disposto che:

“In sede di riesame della pericolosità sociale, la sostituzione della libertà vigilata con la più grave misura dell’assegnazione a una casa di lavoro, può essere disposta a seguito di intervenuta condanna, anche non definitiva, del soggetto, a condizione che tale condanna si riferisca a reati commessi durante l’effettiva sottoposizione dello stesso alla libertà vigilata, mente in assenza di trasgressione agli obblighi imposti, la persistenza della pericolosità accertata in sede di riesame comporta soltanto il prolungamento della misura di sicurezza, senza che possa qualificarsi trasgressione agli obblighi imposti né lo stato di latitanza, in sé e per sé considerato, né l’applicazione di una misura di prevenzione, né un’eventuale condanna sopravvenuta, ove essa si riferisca a reati commessi prima della esecuzione della libertà vigilata”.

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Gli elementi usati per formulare un giudizio di aggravamento della pericolosità, ai fini della sottoposizione ad una misura di sicurezza più grave della libertà vigilata, non possono che essere, ex art. 199 c.p., quelli espressamente previsti dalla legge e quelli di cui all’art. 231 c.p.

Dott.ssa Benedetta Cacace


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