INFORTUNIO “IN ITINERE”: SE L’UTILIZZO DEL MEZZO PROPRIO NON È NECESSARIO, L’INAIL NON RISARCISCE

Utilizzo del proprio mezzo per raggiungere il posto di lavoro, quando è “necessario”?

Corte di Cassazione, sezione lavoro, sentenza n. 21516 del 2018

Nel caso di specie, il ricorrente aveva chiesto la condanna dell’INAIL a risarcirgli i danni in riferimento all’infortuno a questo occorso durante il tragitto in bicicletta casa-lavoro.

Secondo la Corte territoriale l’utilizzo del mezzo privato, viste le condizioni fisiche non ottimali del ricorrente, non era necessario ma

“risultava solo ed esclusivamente corrispondente ad aspettative che non assumono uno spessore sociale tale da giustificare un intervento di carattere solidaristico a carico della collettività”.

La Corte di Cassazione ha ritenuto fondati i motivi di ricorso del ricorrente.

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In base all’art. 210 u.c., t.u. 1124/1965, nel testo integrato dall’art. 12 d.lgs. 38/2000, per quanto riguarda il c.d. infortunio in itinere:

“L’assicurazione opera anche nel caso di utilizzo del mezzo di trasporto privato, purché necessario”.

Il ricorrente non aveva a disposizione mezzi pubblici per recarsi a lavoro, pertanto la Corte d’Appello aveva mal interpretato la nozione di “utilizzo necessario” contenuta nell’art. 210 t.u.sopracitato, in quanto tale è senza alcun dubbio l’utilizzo che sia determinato da ragioni di impedimento per la percorrenza a piedi del tragitto casa-lavoro, per tali non intendendosi soltanto le situazioni in cui l’impossibilità sia assoluta, ma alla luce dei principi espressi dagli art. 2 Cost. e 32 Cost., anche quelle in cui la deambulazione sia motivo di pena ed eccesso di fatica, oltre che di rischio per l’integrità psicofisica.

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Secondo costante giurisprudenza:

“L’uso della bicicletta privata per il tragitto luogo di lavoro-abitazione può essere consentito secondo un canone di necessità relativa, ragionevolmente valutato in relazione al costume sociale, anche per assicurare un più intenso rapporto con la comunità familiare, e per tutelare l’esigenza di raggiungere in modo riposato e disteso i luoghi di lavoro in funzione di una maggiore gratificazione dell’attività ivi svolta, restando invece escluso il c.d. rischio elettivo, inteso come quello che, estraneo e non attinente all’attività lavorativa, sia dovuto ad una scelta arbitraria del dipendente, che crei ed affronti volontariamente, in base a ragioni o ad impulsi personali, una situazione diversa da quella ad essa inerente”.

Dott.ssa Benedetta Cacace


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