NO AL REATO DI MOLESTIE IN PRESENZA DI SCAMBIO RECIPROCO DI SMS INGIURIOSI

Non si integra il reato ex art. 660 c.p. se vi è reciprocità delle molestie

Corte di Cassazione, prima sezione penale, sentenza n.07067 del 2019

La Corte di Cassazione, prima sezione penale, con la sentenza n. 07067 del 2019 ha chiarito che lo scambio reciproco di sms ingiuriosi tra familiari non è idoneo ad integrare il reato ex art. 660 c.p.

L’articolo in questione, nel disciplinare il reato di molestie dispone che:

“Chiunque, in un luogo pubblico o aperto al pubblico, ovvero col mezzo del telefono, per petulanza o per altro biasimevole motivo, reca a taluno molestia o disturbo è punito con l’arresto fino a sei mesi o con l’ammenda fino a 516 euro”.

Nel caso di specie il Tribunale di primo grado aveva dichiarato colpevole l’imputata del reato ex art. 660 c.p., in quanto per petulanza, posta in essere con l’invio di numerosi sms aventi contenuto ingiurioso e minaccioso aveva recato molestia alla persona offesa, sua perente.

Nel ricorrere in Cassazione la ricorrente precisa che i messaggi erano stati inviati anche da sua madre e che si trattava più che di un’azione unilaterale molesta, di una discussione a mezzo sms fra lei, la madre e la persona offesa.

Inoltre la ricorrente si duole della violazione e/o falsa applicazione dell’art. 660 c.p., in quanto ritiene che la condotta presa in considerazione non sia applicabile alla fattispecie concreta, in quanto nel caso di specie la questione era sorta da ragioni di tipo familiare, non biasimevoli ed avendo la parte civile risposto in egual misura alle offese ricevute, dimostrando di non aver subito alcun torto.

Gli Ermellini intervenuti per dirimere la questione hanno dichiarato fondato il motivo di ricorso disponendo che la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio in quanto il fatto non sussiste.

Non ha alcuna rilevanza il concorso della madre dell’imputata nel fatto, non essendo in grado di modificare l’imputazione, né di creare nuove contestazioni o violazioni dell’art. 521 c.p.p.

Il fatto che vi sia stato uno scambio reciproco di offese tra l’imputata e la persona offesa impone di ribadire che:

“il reato previsto dall’art. 660 c.p. e la molestia che ne contraddistingue il nucleo centrale d’offesa ha come elemento costitutivo il particolare motivo che connota la condotta dell’autore. Esso si obiettivizza nell’azione normativamente descritta, che deve essere compiuta per petulanza o per altro biasimevole motivo, aspetto che rientra nella tipicità strutturale della fattispecie e ne integra un requisito costitutivo”.

Quindi, nel caso vi sia reciprocità delle molestie non si concretizza tale condizione, cui è subordinata l’illiceità penale del fatto, come sottolineato anche dalla sentenza della Corte di Cassazione, n. 26303 del 2004.

Più di recete, gli Ermellini con la sentenza n. 23262 del 2016 hanno ribadito che:

“non è configurabile il reato di molestia o disturbo alle persone previsto dall’art. 660 c.p. allorché vi sia reciprocità o ritorsione delle molestie, in quanto in tal caso non ricorre la condotta tipica descritta dalla norma, e cioè la sua connotazione per petulanza o altro biasimevole motivo, cui è subordinata l’illiceità penale del fatto”.

Dott.ssa Benedetta Cacace


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