L’INADEMPIMENTO DELLA P.A. ALL’ESECUZIONE DELLE SENTENZE

ART. 6 CEDU: IL DIRITTO AD UN PROCESSO EQUO E IL DIRITTO AL TERMINE RAGIONEVOLE DEL GIUDIZIO

LA NORMA

Con l’art. 6, comma 1,  la Convenzione EDU stabilisce che: ‘ogni persona ha diritto che la sua causa sia esaminata equamente, pubblicamente ed entro un termine ragionevole da un tribunale indipendente e imparziale, costituito per legge, il quale sia chiamato a pronunciarsi sulle controversie sui suoi diritti e doveri di carattere civile o sulla fondatezza di ogni accusa penale formulata nei suoi confronti. La sentenza deve essere resa pubblicamente, ma l’accesso alla sala d’udienza può essere vietato alla stampa e al pubblico durante tutto o parte del processo nell’interesse della morale, dell’ordine pubblico o della sicurezza nazionale in una società democratica, quando lo esigono gli interessi dei minori o la protezione della vita privata delle parti in causa, o, nella misura giudicata strettamente necessaria dal tribunale, quando in circostanze speciali la pubblicità possa portare pregiudizio agli interessi della giustizia’.

Tale norma prevede la tutela sotto il duplice aspetto ‘del termine ragionevole del giudizio’ e ‘dell’equita’ del processo’ e del ‘termine ragionevole del giudizio’.

L’EQUO PROCESSO

La locuzione ‘equo processo’  fa riferimento ad un concetto di Giustizia preesiste alla legge stessa e direttamente collegata ai diritti inviolabili di tutte le persone coinvolte nel processo. Ciò implica l’obbligazione di offrire a ciascuna parte una ragionevole possibilità di presentare la propria causa in condizioni che non la mettano in una situazione di netto svantaggio rispetto al proprio avversario.

Il diritto di avere un accesso concreto alla giustizia e’ un principio basilare della Convenzione che con detta norma cerca di evitare che siano messe in atto procedure interne che ostacolano il godimento e l’esercizio di tale diritto.

LA RAGIONEVOLE DURATA DEL PROCESSO

La ragionevole durata del processo è un diritto soggettivo assoluto e incomprimibile, previsto affinche’ la giustizia sia amministrata senza ritardi e senza compromissione della sua efficienza e della sua credibilita’.

In particolare, sotto il profilo  temporale, la nozione di giusto processo significa definizione della causa in tempi rapidi, ragionevoli e non dannosi per la parte che ha ragione.

Ma il concetto di ragionevole durata del processo fa riferimento alla sola durata del processo di cognizione o si estende anche al susseguente processo di esecuzione, o  ancora oltre, alla concreta realizzazione di quanto stabilito con la decisione?

LA SENTENZA

La Corte EDU, con la sentenza Cocchiarella contro Italia n. 64886/2001 ha statuito che ‘e’ inopportuno chiedere  a una persona, che ha ottenuto una sentenza contro lo Stato, alla fine di un procedimento giudiziario, di proporre poi un procedimento di esecuzione per ottenere la soddisfazione ’ e che ‘il rimedio al ritardo e’ costituito da un ulteriore indennizzo, dovuto dall’Amministrazione secondo l’art. 41 CEDU, per la violazione dell’art. 6 CEDU, sotto il piu’ volte richiamato profilo del diritto alla esecuzione delle decisioni interne esecutive e commisurato al periodo eccedente il predetto termine dilatorio concesso alla Amministrazione medesima per il pagamento.

Si noti infine che, il diritto a tale ulteriore richiesta di un equo indennizzo per il ritardo nell’adempimento da parte dello Stato, nel processo amministrativo, puo’ essere fatto valere soltanto con ricorso diretto alla Corte.

Avv. Elisa Bustreo