IL PADRE ACCOLTELLA IL FIGLIO TOSSICODIPENDENTE CHE GLI RUBA I GIOIELLI PER ACQUISTARE LA DROGA: GLI PUÒ ESSERE CONCESSA L’ATTENUANTE DELLA PROVOCAZIONE?

Concessa l’attenuante della provocazione al padre che accoltella il figlio tossicodipendente 

Corte d’Appello di Napoli, terza sezione penale, sentenza n. 266 del 26 marzo 2018

Nel caso in questione, un uomo era stato condannato dal Tribunale di primo grado per il reato di cui agli artt. 582, 585 e 577 c.p., per aver colpito diverse volte con un paio di forbici il figlio, al fine di causarne la morte, non sopraggiunta per cause indipendenti dalla sua volontà. Il gesto dell’uomo era scaturito in quanto il figlio, tossicodipendente, aveva rubato alcuni suppellettili e diversi preziosi d’oro per pagarsi la droga.

Quello che ci si domanda ora è se all’imputato può essere applicata l’attenuante prevista dall’art. 62, n.2 c.p. che prevede:

“Attenuano il reato, quando non ne sono elementi costitutivi o circostante attenuanti speciali, le circostanze seguenti:

2) l’aver agito in stato di ira, determinato da un fatto ingiusto altrui; […]”.

Secondo la Corte di Cassazione, l’attenuante in questione può essere concessa dato che l’imputato ha agito in uno stato d’ira determinato da un fatto ingiusto altrui. In punto di diritto deve essere evidenziato che il fatto ingiusto integrante l’attenuante in questione viene inteso comunemente sia come comportamento contrario a norme giuridiche sia come inosservanza di norme sociale e di costume regolanti l’ordinata e civile convivenza.

Secondo costante giurisprudenza:

“Ai fini della configurabilità dell’attenuante ex art. 62 n. 2) c.p., non è richiesto che la reazione iraconda segua immediatamente il fatto ingiusto, ben potendo detta reazione conseguire a un accumulo di rancore, sotto lo stimolo di reiterati comportamenti ingiusti, per esplodere, anche a distanza di tempo, in occasione di un episodio scatenante”.

Quindi, la provocazione oltre che essere istantanea può essere anche lenta e protrarsi nel tempo senza raggiungere mai quell’intensità di stimolazione tale da produrre nel perseguitato una “conflagrazione reattiva”, ma determinando una accumulazione degli stimoli psichici, destinata prima o poi ad esplodere in un comportamento violento.

Nel caso di specie senza alcun dubbio le reiterate minacce e le condotte predatorie poste in essere dal figlio dell’imputato, integrino il fatto ingiusto altrui, richiesto dall’art. 62 n.2 c.p., potendo essere costituto non solo da un comportamento antigiuridico in senso stretto, ma anche dall’inosservanza di norme sociali o di costume.

È incontestato lo stato d’ira determinato dalla perdita di autocontrollo, in cui l’imputato ha agito una volta accortosi dell’ennesima sottrazione realizzata dal figlio; infatti tale episodio rappresenta il fattore scatenante che ha fatto esplodere la rabbia ed il dolore del padre.

Secondo orientamento della Corte di Cassazione, in tema di provocazione punitiva, l’opinione del fatto ingiusto deve essere ragionevole anche se erronea e che l’errore sia ragionevole, plausibile e logicamente apprezzabile; questi elementi sicuramente ricorrono nel nostro caso.

Dott.ssa Benedetta Cacace


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