IL DIRITTO AL RIMBORSO DELLE SPESE EFFETTUATE PER LA COSA COMUNE

IL DIRITTO DEL COEREDE AL RIMBORSO DELLE SPESE PER LA MANUTENZIONE DELL’IMMOBILE IN COMUNE

La recente Corte di Cassazione si è espressa in una causa di scioglimento di comunione tra due fratelli, pronunciandosi in materia di rimborso delle spese sostenute per la manutenzione di uno degli immobili comune ad entrambi, facente parte dell’asse ereditario.

Si tratta dell’ordinanza del 17 gennaio 2022, n. 1207 della VI sezione della Corte di Cassazione – sezione civile.

Nel caso sotteso alla pronuncia la Corte d’appello aveva confermato la decisione di primo grado, resa nella causa di scioglimento di comunione fra due fratelli, negando che uno dei due potesse pretendere dall’altro il rimborso delle spese sostenute per la manutenzione di uno degli immobili comuni atteso che

le spese stesse erano state sostenute per l’immobile già adibito ad abitazione del medesimo A.L. nella prospettiva, poi realizzatasi, dell’attribuzione del cespite a lui sede di divisione, non ricorrendo perciò l’ipotesi delle spese sostenute nell’interesse comune.”

Il soccombente proponeva quindi ricorso in Cassazione che veniva accolto.

La Suprema Corte fondava la propria decisione su due principi di diritto.

Quanto al primo principio, veniva ribadito che il coerede che abbia apportato miglioramenti al bene ereditario da lui posseduto, non può invocare la disciplina dell’art. 1150 c.c. (che assegna al terzo possessore di buona fede una indennità pari all’aumento di valore della cosa per effetto dei miglioramenti effettuati) ma per essere mandatario o utile gestore degli altri comproprietari in forza della comunione ereditaria.

In tal caso l’erede in questione ha dunque e solo il diritto di essere rimborsato delle spese fatte per la cosa comune.

Di tal guisa, dato che

lo stato di indivisione riconduce all’intera massa i miglioramenti apportati dal coerede; ne consegue che al momento dell’attribuzione delle quote l’apporto si ripartisce, insieme con le spese, tra i vari condividenti, secondo il principio nominalistico” (Cass. n. 925/1979; n. 3247/2009; n. 16206/2013; n. 5135/2019).

Con riferimento al secondo principio, gli ermellini ricordavano che nel giudizio di divisione ereditaria di un bene indivisibile, le migliorie apportate da uno dei comproprietari vengono incluse nel bene stesso per il principio dell’accessione.

Dunque, occorre tener conto delle migliorie per stimare correttamente il bene stesso medesimo e determinare le quote e della liquidazione dei conguagli (cfr. Cass. n. 5527/2020).

In sostanza, contrariamente a quanto rilevato dalla Corte d’appello, il valore di attribuzione del bene rimane quello effettivo, derivante dai miglioramenti o dallo stato deteriore di esso ed è dunque da escludere la possibilità di ingiusti arricchimenti o depauperamenti.

La Cassazione quindi accoglieva il ricorso e cassava l’ordinanza impugnata, rinviando alla Corte d’appello in diversa composizione anche per le spese.

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Cass. civ., sez. VI – 2, ord., 17 gennaio 2022, n. 1207