Età e danno alla vita sessuale

La Corte Europa Diritti dell’Uomo, sez. IV, con la sentenza n. 17484/15 del 25 luglio 2017 ha stabilito che va riconosciuto senza alcun pregiudizio il danno alla vita sessuale alla donna cinquantenne

La Corte Europea Diritti dell’Uomo, con la sentenza n. 17484/15 del 25 luglio 2017, nel caso Carvalho Pinto de Sousa Morais, ha condannato il Portogallo per la violazione dell’articolo 14 della Convenzione, che tutela il godimento dei diritti e delle libertà sanciti dalla medesima Convenzione, senza alcuna discriminazione di sesso, razza, di colore, di religione, opinione politica o altro.

La vicenda:

Una signora, affetta da una malattia molto dolorosa agli organi genitali, aveva subito un intervento per l’asportazione della “ghiandola di Bartolini”. In seguito all’operazione, la donna aveva iniziato a provare dolori molto forti, perdita di sensibilità ai genitali, incontinenza, difficoltà a sedersi e a camminare ed impossibilità ad avere dei rapporti sessuali.

Dopo alcuni accertamenti era emerso che il nervo pudendo sinistro, situato in una zona non soggetta all’intervento, era stato accidentalmente lesionato durante l’operazione.

Il Tribunale di Lisbona, accertata la responsabilità dei sanitari, le aveva riconosciuto un risarcimento pari a 80.000 euro per danni non patrimoniali, dovuti alla sofferenza fisica e psichica connessa all’impossibilità di non avere più una normale vita sessuale.

La Corte d’Appello aveva tuttavia evidenziato come, la condizione della donna era già persistente all’intervento, il quale aveva solamente aggravato la già difficile situazione della signora.

Inoltre aveva affermato che l’attrice aveva già cinquant’anni e due figli, pertanto il sesso a quell’età non è più essenziale come negli anni precedenti. Tenuto conto di ciò la Corte aveva ridotto il risarcimento a 50.000 euro.

La donna, quindi,  aveva ritenutp che la sentenza della Corte Portoghese la discrimini per motivi di sesso e di età, invocando gli articoli 8 e 14 della Convenzione.

La decisione:

La Corte Europea richiama la Convenzione di Istanbul, la quale si muove su quanto tracciato dalla Convenzione delle Nazioni Unite del 1979, per l’eliminazione di ogni forma di discriminazione contro le donne.

Secondo una giurisprudenza ricorrente, la Corte Edu ha stabilito che, affinché vi sia violazione dell’articolo 14, è necessario che vi sia un differente trattamento di persone in situazioni analoghe. Questa differenza di trattamento è discriminatoria se non ha una giustificazione oggettiva e ragionevole; non persegue un legittimo obiettivo e se non esiste alcun ragionevole rapporto di proporzionalità tra i mezzi utilizzati e lo scopo perseguito.

La Corte Edu sottoinea che l’articolo 14 non vieta tutte le differenze di trattamento, ma soltanto quelle basate su una caratteristica identificabile, oggettiva o personale, o status. Pertanto i giudici hanno ritenuto che l’età potrebbe costituire un altro status ai sensi dell’articolo 14 della Convenzione.

In riferimento al caso di specie, nel decidere sulle domande riguardanti i danni morali, i giudici nazionali possono considerare l’età dei ricorrenti, ma non possono stabilire che la sessualità non sia tanto importante per una donna di cinquanta anni e madre di due bambini, come per una persona più giovane.

Dott.ssa Benedetta Cacace