IL DIVIETO DI PRODURRE O RIFERIRE IN GIUDIZIO CORRISPONDENZA RISERVATA RIGUARDA ANCHE IL MITTENTE

Il Consiglio Nazionale Forense, con la sentenza n. 177 del 21 novembre 2017, ha stabilito che il divieto di produrre in giudizio la corrispondenza riguarda anche il mittente della stessa.

Invero, l’art. 48 codice deontologico non distingue tra mittente e destinatario:

l’avvocato non deve produrre, riportare in atti processuali o riferire in giudizio la corrispondenza intercorsa esclusivamente tra colleghi qualificata come riservata, nonché quella contenente proposte transattive e relative risposte”.

La ratio della norma è di assicurare la libertà di corrispondenza tra colleghi e lo scambio di scritti tra loro senza riserve mentali o timori che possano essere oggetto di produzione o divulgazione in giudizio.
Tale logica verrebbe vanificata se il mittente della lettera riservata potesse far cadere il divieto, producendola o riferendola in giudizio.

Il caso

Il COA di Torino aveva irrogato all’incolpato la sanzione dell’avvertimento, per aver prodotto in giudizio, avanti il Tribunale di Ravenna, una lettera a propria firma, espressamente qualificata come riservata personale, non producibile in giudizio, nella quale si dava atto di accordi in corso di perfezionamento con la controparte.
La sanzione era fondata sulla violazione dei doveri di probità e correttezza.
Infatti, il COA perveniva all’affermazione che la dicitura riservata personale non lascia adito a dubbi e quindi la lettera non poteva essere prodotta in giudizio, a prescindere dal fatto che contenesse o meno una proposta transattiva, o che fosse strumentale ai fini processuali, essendo altresì irrilevante che la lettera avesse potuto o meno produrre un danno al contraente.
Il COA osservava altresì che il divieto di produzione di lettere qualificate come riservate personali vale anche per il redattore della lettera e non solo per il destinatario.
Con ricorso, l’incolpato sostanzialmente riproponeva le censure già oggetto della difesa innanzi al COA.
All’udienza dibattimentale innanzi al CNF, il ricorso veniva rigettato per infondatezza dei motivi e veniva confermata la responsabilità disciplinare e la sanzione inflitta per i fatti evidenziati nella decisione del Consiglio.

La decisione

Dunque, a prescindere dal contenuto e dall’uso strumentale ai fini del giudizio, la lettera riservata non può essere prodotta, anche se non contiene proposte transattive.
Alla luce della disposizione normativa, a nulla valgono le censure riguardanti l’assenza di possibile danno o che a produrla in giudizio sia stato lo stesso redattore e non la controparte.
Basti al riguardo ricordare la granitica giurisprudenza del CNF che ha sempre affermato che

l’art.28 cod. deont. (ora 48 ncdf) ha inteso porre in via assoluta il divieto di produrre in giudizio corrispondenza tra professionisti espressamente qualificata riservata a prescindere dal suo contenuto, prevedendo a completamento del precetto, il divieto di produzione quando, pur in difetto di espressa qualificazione in termini di riservatezza, la corrispondenza riporti proposte transattive scambiate con colleghi” (cfr. ex plurimis CNF 26 settembre 2014 n.117, CNF 2 marzo 2012, n. 38).

La sanzione

L’avvertimento costituisce, secondo il CNF, per la fattispecie in esame, sanzione congrua e proporzionata alla violazione, che per le sue caratteristiche specifiche non è particolarmente grave.

Avv. Silvia Zazzarini


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