ASSENZA DAL LAVORO PER MALATTIA E LA CONDOTTA DEL LAVORATORE

La sentenza n. 1173 del 18.1.2018, la Corte di Cassazione – Sezione Lavoro – ha affrontato il tema della condotta che il lavoratore deve osservare durante il periodo di assenza per malattia.

La Corte precisa nuovamente che il comportamento del lavoratore durante il periodo di malattia è sanzionabile solo nel caso in cui vada a violare i doveri di buona fede e correttezza contrattuale, ritardando altresì la guarigione e ponendo scarsa attenzione alla propria salute.

Il lavoratore, nel caso di specie, aveva già ottenuto il riconoscimento delle proprie pretese sia con la sentenza di primo grado del Tribunale di Avellino, sia con la sentenza della Corte di Appello di Napoli.

“La Corte territoriale infatti aveva ritenuto che non era stata raggiunta la prova che la condotta del lavoratore durante la convalescenza fosse tale da compromettere o ritardare la guarigione”.

Le “brevi passeggiate e i bagni di mare”,posti in essere dal lavoratore durante la malattia intervenuta in occasione della distorsione ad un ginocchio, vengono dalla Corte considerati quali“moderata attività fisica” non incompatibile “con le terapie di recupero della tonicità muscolare”.

Il comportamento del lavoratore, pertanto, non si era posto in violazione dei doveri di correttezza e buona fede e non gli si poteva imputare

“una negligenza nel seguire i protocolli terapeutici stabiliti dal sanitario che lo aveva in cura”.

La Società datrice di lavoro proponeva ricorso per Cassazione su un unico motivo: omissione, da parte della Corte territoriale, di fatti decisivi oggetto di discussione tra le parti in relazione all’art. 360, 1° comma, n. 5 c.p.c..

V. anche

La Società infatti riteneva che non fossero state adeguatamente prese in considerazione le circostanze dalle quali emergeva che il lavoratore aveva rifiutato il ricovero e gli accertamenti specialistici, che non aveva dato prova di aver osservato il protocollo terapeutico impartitogli, che aveva proseguito la malattia con le ferie (in via continuativa) e che essendo in grado di attendere ad attività ludico-ricreative sarebbe stato ugualmente in grado di svolgere attività lavorativa.

La Corte di Cassazione abbraccia la decisione della Corte territoriale, la quale, analizzato il materiale probatorio di primo grado, aveva ritenuto che la condotta del lavoratore non avesse nè compromesso, nè ritardato la ripresa dell’attività lavorativa.

“Va rammentato che in tema di licenziamento per giusta causa, la condotta del lavoratore, che, in ottemperanza delle prescrizioni del medico curante, si sia allontanato dalla propria abitazione e abbia ripreso a compiere attività della vita privata – la cui gravosità non è comparabile a quella di una attività lavorativa piena – senza svolgere una ulteriore attività lavorativa, non è idonea a configurare un inadempimento ai danni dell’interesse del datore di lavoro (cfr. Cass. 05/08/2014 n. 17625). Ed infatti l’espletamento di altra attività, lavorativa ed extralavorativa, da parte del lavoratore durante lo stato di malattia è idoneo a violare i doveri contrattuali di correttezza e buona fede nell’adempimento dell’obbligazione e a giustificare il recesso del datore di lavoro, laddove si riscontri che l’attività espletata costituisca indice di una scarsa attenzione del lavoratore alla propria salute ed ai relativi doveri di cura e di non ritardata guarigione, oltre ad essere dimostrativa dell’inidoneità dello stato di malattia ad impedire comunque l’espletamento di un’attività ludica o lavorativa (cfr. Cass. 21/04/2009 n. 9474)”.

Nella sentenza in esame la Suprema Corte precisa inoltre che è onere del datore di lavoro provare che i comportamenti tenuti dal lavoratore durante la malattia, in relazione alla natura degli impegni lavorativi attribuiti al lavoratore, vadano a contrastare con gli ordinari obblighi di buona fede e correttezza nell’esecuzione del rapporto di lavoro.

Sulla base dell’istruttoria svolta in primo grado, anche con espletamento di CTU medica ad hoc, era infatti emerso che la moderata attività fisica posta in essere dal lavoratore non si poneva in contrasto con la guarigione.

Il datore di lavoro non aveva altresì fornito la prova che il dipendente avesse in qualche modo disatteso le prescrizioni impartitegli per la guarigione.

La sentenza de quo offre ottimi spunti di riflessione, dunque, sia in termini di onere della prova, sia in termini di osservazione della condotta del lavoratore durante il periodo di assenza per malattia.

Certamente molto interessante la decisione del Giudice di primo grado, che ha approfondito con grande cura i motivi delle condotte poste in essere dal lavoratore, offrendo il fianco, per il futuro, a grosse possibilità per i lavoratori durante il periodo di malattia, normalmente chiamati a rimanere in casa nell’attesa di una possibile visita ispettiva da parte di medici competenti dell’INPS ed impossibilitati allo svolgimento di qualsiasi tipologia di attività.

Avv. TaniaFortunata Cosentino


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