CTU NON AUTORIZZATA? IL GIUDICE È TENUTO A MOTIVARE IL RIGETTO

La Corte di Cassazione, sezione lavoro, con la sentenza n. 25851 del 2018 ha chiarito che il giudice ha un potere discrezionale nel decidere se ricorrere o meno ad una C.T.U., ed in ogni caso è tenuto a motivare in maniera adeguata il rigetto dell’istanza proposta da una delle parti dimostrando di essere in grado di risolvere i problemi tecnici connessi alla valutazione degli elementi rilevanti ai fini della decisione.

Nel caso di specie, la Corte d’Appello aveva rigettato il reclamo proposto dal ricorrente contro la decisione del Tribunale riguardante la declaratoria di legittimità del licenziamento intimatogli.

La Corte territoriale aveva ritenuto che non si fosse verificato alcun demansionamento in capo al lavoratore in seguito al suo spostamento presso altra sede lavorativa, e che non vi fosse alcun nesso eziologico tra la patologia diagnosticatagli e le nuove mansioni.

Il ricorrente si lamenta della mancata valutazione delle certificazioni riguardanti la patologia di cui era affetto, della documentazione inerente la sua professione e delle testimonianze rese in giudizio.

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Come affermato dalla sentenza n. 19011 del 2017 e dalla sentenza n. 16056 del 2016 della Corte di Cassazione:

“L’esame dei documenti esibiti e delle deposizioni dei testimoni, nonché la valutazione dei documenti e delle risultanze della prova testimoniale, il giudizio sull’attendibilità dei testi e sulla credibilità di alcuni invece che di altri, come la scelta, tra le varie risultanze probatorie, di quelle ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, involgono apprezzamenti di fatto riservati al giudice del merito, il quale, nel porre a fondamento della propria decisione una fonte di prova con esclusione di altre, non incontra altro limite che quello di indicare le ragioni del proprio convincimento, senza essere tenuto a discutere ogni singolo elemento o a confutare tutte le deduzioni difensive, dovendo ritenersi implicitamente disattesi tutti i rilievi e circostanze che, sebbene non menzionati specificamente, sono logicamente incompatibili con la decisione adottata”.

Con il terzo motivo il ricorrente denuncia l’omessa pronuncia in ordine alla richiesta della C.T.U. medico legale ed alla prova testimoniale.

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Gli Ermellini hanno ritenuto tale motivo inammissibile, in quanto secondo costante orientamento giurisprudenziale:

“La decisione di ricorrere o meno ad una consulenza tecnica d’ufficio costituisce un potere discrezionale del giudice, che, tuttavia, è tenuto a motivare adeguatamente il rigetto dell’istanza di ammissione proveniente da una delle parti, dimostrando di poter risolvere, sulla base di corretti criteri, i problemi tecnici connessi alla valutazione degli elementi rilevanti ai fini della decisione, senza potersi limitare a disattendere l’istanza sul presupposto della mancata prova dei fatti che la consulenza avrebbe potuto accertare. Pertanto, nelle controversie che, per il loro contenuto, richiedono si proceda ad un accertamento tecnico, il mancato espletamento di una consulenza medico-legale, specie a fronte di una domanda di parte in tal senso, costituisce una grave carenza nell’accertamento dei fatti da parte del giudice di merito, che si traduce in un vizio della motivazione della sentenza”.

Dott.ssa  Benedetta Cacace


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