TUTTE LE PARTI IN CAUSA SONO TENUTE AL PAGAMENTO DELLA CTU

Il CTU può esigere il pagamento del proprio compenso da tutte le parti del giudizio, le quali sono obbligate solidalmente a prescindere dalla diversa ripartizione della spesa contenuta nella sentenza che ha definito il giudizio

Cassazione Civile, Sezione Terza, sentenza n. 15294 del 2018

La pronuncia in commento ribadisce quanto già affermato da consolidato ed attuale orientamento della Suprema Corte di Cassazione e cioè che la consulenza tecnica d’ufficio non rappresenta  un mezzo di prova in senso stretto, ma un ausilio per il giudice e, quindi,  il regime del pagamento delle spettanze del medesimo prescinde dalla ripartizionedell’onere delle spese tra le parti contenuto in sentenza, che avviene sulla base del principio della soccombenza e, concernendo unicamente il rapporto fra dette parti, non è opponibile all’ausiliario.

La Cass. sez. 1, 12 novembre 2015 n. 23133 richiamata da quest’ultima pronuncia afferma che

“le parti sono solidalmente responsabili del pagamento delle relative competenze anche dopo che la controversia, durante la quale il consulente ha espletato il suo incarico, sia stata decisa con sentenza, sia definitiva sia non ancora passata in giudicato, a prescindere dalla ripartizione di dette spese nella stessa stabilita e, quindi, altresì, ove tale ripartizione sia difforme da quella in precedenza adottata con il decreto di liquidazione emesso dal giudice: unica eccezione a tale principio si rinviene nella emissione di un provvedimento incidentale di revoca o modifica del suddetto decreto prima della emissione della sentenza a regolazione definitiva delle competenze dell’ausiliario (Cass., Sez. 6 – 3, n. 25179 dell’8 novembre 2013; Cass. Sez. 6-3 n. 23522 del 5 novembre 2014), atteso che, in tal caso, rimane intatto il diritto del consulente, a’ sensi dell’art 170 d.P.R. 115/2002, di proporre opposizione a tale modifica , facoltà che invece non sussiste una volta emessa la decisione definitiva, rispetto alla quale detto ausiliare perde qualunque legittimazione processuale ad interloquire sul quantum e sul quo modo di realizzazione del proprio credito”.

Quindi nel caso in cui la parte incisa dall’azione esecutiva del consulente proponga opposizione all’esecuzione  facendo valere la, nel frattempo intervenuta, sentenza di merito detta pronuncia non si pone come fatto incidente sul diritto di credito nel frattempo sorto come neppure sulla identificazione dei soggetti onerati.

Concludendo, la provvisorietà del decreto di liquidazione in esame comporta che la sua efficacia esecutiva concerne la parte nello stesso indicata come obbligata e nella misura stabilita dal detto provvedimento, nel senso che l’ausiliario, finché la controversia non sia decisa con una sentenza che statuisca pure sulle spese di lite, è tenuto a proporre prima la sua domanda nei confronti del soggetto ivi menzionato (nella misura indicata in decreto) e, solo ove questi resti inadempiente, può agire nei confronti degli altri.

Invece una volta che la controversia sia stata risolta con sentenza che pronunci sulle spese, il perito dell’ufficio può fare valere le sue ragioni, invece, direttamente nei confronti di ogni parte in virtù della loro responsabilità solidale, indipendentemente dalla definitiva ripartizione dell’onere delle spese stabilita dal giudice.

Corretto quindi appare ribadire la responsabilità solidale delle parti rispetto al consulente per cui

“il consulente tecnico d’ufficio che abbia inutilmente chiesto il dovuto in base al decreto di liquidazione provvisoria del compenso può esigerne il pagamento solidale dalle parti a prescindere dalla diversa ripartizione della spesa contenuta nella sentenza che ha definito il giudizio, in quanto – salvi i rapporti interni tra le parti – l’ausiliare opera nell’interesse della giustizia in virtù di un mandato neutrale.”

Avv. Tania Busetto


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