CONDANNA ALLE SPESE SE LA CHIAMATA IN CAUSA È ARBITRARIA

Chiamata in causa arbitraria? Il chiamante in causa deve essere condannato alle spese

Corte di Cassazione, sesta sezione civile, sentenza n. 6292 del 2019

L’attore aveva convenuto in giudizio, innanzi al Tribunale di primo grado, un condominio al fine di sentirlo condannare al risarcimento dei danni patiti in seguito ad una caduta a causa di una buca presente nell’area condominiale.

Il Condominio si era costituito ma aveva chiesto l’autorizzazione a chiamare in causa la società che all’epoca del sinistro si occupava dell’amministrazione condominiale, al fine di essere da questa manlevata.

La società aveva resistito in giudizio, chiedendo a sua volta ed ottenendo l’autorizzazione a chiamare in causa l’assicurazione.

Il Tribunale di primo grado aveva rigettato la comanda compensando le spese di lite; avvero tale decisione la società amministratrice aveva proposto ricorso limitatamente al capo della sentenza impugnata che aveva disposto la compensazione delle spese di lite.

La Corte d’Appello dal canto suo aveva rigettato l’impugnazione sostenendo che l’appellante aveva proposto ricorso nei soli confronti dell’originario attore e non anche del Condominio, vale a dire la parte che la aveva chiamata in causa e a cui doveva pertanto ritenersi imputabile il suo intervento in giudizio.

Nel ricorrere in Cassazione viene lamentato che il Condominio convenuto in giudizio aveva posto a fondamento della pretesa di manleva l’inadempimento degli obblighi di custodia ex art. 1710 c.c. e 1130 c.c., comma 1 n. 4.

Da qui l’imputabilità del proprio intervento nel giudizio non alla parte che l’aveva chiamato in causa ma all’attore, la cui pretesa era risultata priva di alcun fondamento.

Gli Ermellini, intervenuti sulla questione hanno accolto il ricorso, rilevando che la Corte territoriale aveva ritenuto la manifesta infondatezza della domanda di garanzia proposta dal condominio nei confronti dell’amministratore, con la conseguenza che l’instaurazione del rapporto processuale tra chiamante e chiamato non trovava alcuna giustificazione nel contenuto della domanda proposta dall’attore nei riguardi del condominio.

Come già affermato con la sentenza n. 7431 del 2012, la Corte di Cassazione ha chiarito che:

“Considerata la lata accezione con cui il termine soccombenza è assunto nell’art. 91 c.p.c., il rimborso delle spese processuali sostenute dal terzo  chiamato in garanzia dal convenuto deve essere posto a carico dell’attore ove la chiamata in causa si sia resa necessaria in relazione alla pretesa dell’attore stesso e questa siano risultate infondate, a nulla rilevando che l’attore non abbia proposto nei confronti del terzo alcuna domanda, mentre il rimborso rimane a carico della parte che abbia chiamato o abbia fatto chiamare in causa il terzo qualora l’iniziativa del chiamante si rilevi palesemente arbitraria”.

Quindi, in tema di spese processuali, solamente la palese infondatezza della domanda di garanzia proposta dal convenuto nei confronti del terzo chiamato comporta l’applicabilità del principio di soccombenza nel rapporto processuale instauratosi tra di loro, anche nel caso in cui l’attore sia a sua volta soccombente nei confronti del convenuto chiamante.

Nel caso di specie, come precisato dalla Corte di Cassazione anche con la sentenza n. 17983 del 2014:

“il condominio risponde ai sensi dell’art. 2051 c.c., dei danni subiti da terzi estranei ed originati da parti comuni dell’edificio, mentre l’amministratore, in quanto tenuto a provvedere non solo alla gestione delle cose comuni, ma anche alla custodia delle stesse, è soggetto, ai sensi dell’art. 1218 c.c. all’azione di rivalsa eventualmente esercitata dal condominio per il recupero delle somme che esso abbia versato ai terzi danneggiati”.

Dott.ssa Benedetta Cacace


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