IN CASO DI CADUTA DAI GRADINI DELLA CHIESA CHI RISARCISCE I DANNI?
Chi risarcisce i danni da una caduta sulla scalinata di una chiesa?
Corte di Cassazione, terza sezione civile, sentenza n. 5841 del 2019
Il caso in questione origina da un’interessante questione, ossia se cado sulla scalinata di una chiesa chi risarcisce il danno, il Comune o la diocesi?
Nel caso di specie, l’attrice aveva adito il Tribunale di primo grado al fine di essere risarcita dei danni patiti in seguito ad una caduta, occorsa a causa di un’insidia nella rottura, non adeguatamente segnalata di un gradino della scalinata di accesso al Duomo. Si erano costituti quali parti convenute la Diocesi ed il Comune che a sua volta aveva chiamato in causa la propria compagnia assicuratrice.
Il Tribunale aveva condannato la Diocesi a risarcire i danni subiti dall’attrice, in occasione del sinistro avvenuto nella scalinata; rigettando invece la domanda nei confronti del Comune.
La Corte d’Appello in parziale riforma della decisione impugnata aveva rigettato la domanda svolta in prime cure dall’attrice nei confronti della Diocesi, in quanto
“l’attore avrebbe dovuto dare prova del fatto che la Diocesi comunque mal teneva una disponibilità giuridica e materiale della scala di accesso del Duomo e solo successivamente dar prova del nesso causale tra cosa in custodia e danno”.
Inoltre aveva rigetto l’appello incidentale proposto dalla parte offesa nei confronti del Comune in quanto
“le scale su cui si è verificato il sinistro non ricadono nella proprietà del Comune, nonché era da escludersi qualsiasi responsabilità ex art. 2051 c.c., in quanto non era stata fornita alcuna prova di una disponibilità giuridica e materiale da parte del Comune della scala di accesso al Duomo”.
Gli Ermellini, intervenuti sul punto hanno chiarito che la questione che deve essere chiarita preliminarmente riguarda la titolarità del rapporto di custodia da cui trae titolo la domanda di chiamata in responsabilità del convenuto.
Deve essere condivisa la distinzione tra legittimazione al processo e titolarità della posizione soggettiva oggetto dell’azione, inoltre deve essere condivisa l’affermazione dei giudici di merito secondo cui:
“il problema della titolarità, non solo attiva ma anche passiva, della posizione soggettiva attiene al merito della decisione. Il fatto che la questione attenga al merito significa che rientra nel problema della fondatezza della domanda, della verifica della sussistenza del diritto fatto valere in giudizio, e che spetti all’attore allegarla e provarla, salvo il riconoscimento, o lo svolgimento di difese incompatibili con la negazione della titolarità del rapporto da parte del convenuto”.
La Corte di Cassazione ha chiarito che il mero riferimento alla L. n. 222 del 1985 che disciplina la successione dei beni tra i diversi enti ecclesiastici non è idonea a dimostrare che la Diocesi fosse proprietaria o detentrice di fatto del Duomo e delle sue pertinenze, dato che la norma in questione contempla la possibilità di assegnare tali beni agli enti parrocchiali, e l’attore avrebbe dovuto in ogni caso dimostrare in concreto il rapporto di fatto tra la convenuta in giudizio e la scalinata su cui si era verificato il sinistro, dato che ex art. 2051 c.c.:
“la responsabilità ex art. 2051 c.c. postula la sussistenza di un rapporto di custodia della cosa e una relazione di fatto tra un soggetto e la cosa stessa, tale da consentire il potere di controllarla, di eliminare le situazioni di pericolo che siano insorte e di escludere i terzi dal contatto con la cosa”.
Deve pertanto affermarsi il seguente principio di diritto:
“la responsabilità da omessa custodia di un bene destinato all’attività di culto, anche se per consuetudine asservito a un uso pubblico, grava sul proprietario del bene e non sull’ente territoriale su cui insiste il bene, a meno che non sia dimostrata una detenzione o un potere di fatto dell’ente territoriale sulla cosa”.