Autonoma uscita da scuola degli alunni con disabilità e responsabilità dell’istituto

Un gran numero di genitori che frequentano la scuola si domandano:

“Ho deciso di far crescere mio figlio in autonomia. Posso domandare al Dirigente scolastico che al termine delle lezioni faccia uscire mio figlio assieme agli altri compagni? Senza dover aspettare l’arrivo di un familiare maggiorenne?”

In base all’articolo 30 della Costituzione, che dispone:

“È dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli, anche se nati fuori dal matrimonio […]”.

Per cui, nel caso in cui la famiglia stessa, nell’educare il figlio disabile, segue un orientamento atto a fargli acquisire autonomia e responsabilità, specie se posto in essere da un’associazione specializzata, ha il potere di richiedere al Dirigente scolastico che, alla fine delle lezioni, faccia uscire il proprio figlio maggiore di 14 anni, come avviene per tutti i compagni non affetti da disabilità.

Dobbiamo infatti rammentare che, l’articolo 591 del c.p. dispone:

“Chiunque abbandona una persona minore degli anni quattordici, ovvero una persona incapace, per malattia di mente o di corpo, per vecchiaia, o per altra causa, di provvedere a se stessa, e della quale abbia la custodia o debba avere cura, è punito con la reclusione da sei mesi a cinque anni.

Alla stessa pena soggiace chi abbandona all’estero un cittadino italiano minore degli anni diciotto, a lui affidato nel territorio dello Stato per ragioni di lavoro.

La pena è della reclusione da uno a sei anni se dal fatto deriva una lesione personale, ed è da tre a otto anni se ne deriva la morte.

Le pene sono aumentate se il fatto è commesso dal genitore, dal figlio, dal tutore o dal coniuge, ovvero dall’adottante o dall’adottato”.

Pertanto il codice penale prospetta il reato di abbandono di minore o incapace, distinguendo tra i minori di anni 14, per i quali il reato è presunto, e i maggiori di 14 anni, per i quali il caso di abbandono deve essere dimostrato dall’autorità inquirente.

In tal caso, se il soggetto portatore di disabilità ha meno di 14 anni potrebbe automaticamente scattare la responsabilità della scuola oltre a quella dei genitori, così come potrebbe avvenire per tutti i minori di anni 14 non disabili, e la scuola dovrebbe cercare di difendersi, per cercare di superare la presunzione di colpa stabilita dal codice penale, con conseguente risarcimento del danno in caso di incidente occorso allo scolaro.

Per i ragazzi affetti da disabilità, maggiori di 14 anni, dal momento che la famiglia stipula un contratto con la scuola, tramite l’iscrizione dello studente, la stessa può sottoscrivere anche l’esonero da responsabilità del Dirigente scolastico per far uscire l’alunno da solo al termine delle lezioni.

La scuola, come ulteriore garanzia può domandare il parere del neuropsichiatra che ha in cura il soggetto disabile, ed un eventuale parere negativo dello stesso non può comunque impedire ai genitori di domandare per iscritto ed ottenere che il figlio ultraquattordicenne esca autonomamente da scuola.

In mancanza di una normativa precisa, l’avvocatura dello Stato di Bologna, con il parere del 4/12/2000, n. 21200, interrogata in merito ai confini giuridici di vigilanza sugli alunni in occasione dell’uscita degli stessi al termine delle lezioni, ha negato valore a qualsiasi regolamento interno di questo tipo.

L’avvocatura ha ribadito che tali liberatorie, anziché escludere la responsabilità dell’istituto scolastico, costituirebbero prova della consapevolezza di detta modalità di uscita dei minori, con conseguente implicita ammissione, nel caso in cui venga intrapresa una causa di risarcimento, di omessa vigilanza sui minori.

La Corte di Cassazione nella sentenza n. 3074 del 30/03/1999 si esprime in maniera difforme e sostiene che, la prova liberatoria non si limita solamente alla dimostrazione di non aver potuto impedire il fatto, ma si estende a quella di aver preventivamente adottato tutte le misure organizzative idonee ad evitarlo; pertanto un regolamento scolastico che preveda la liberatoria da parte dei genitori potrebbe essere considerata una misura preventiva idonea.

Si sottolinea che la fattispecie di abbandono è differente da quella in cui un genitore sceglie per un figlio affetto da disabilità un percorso di autonomia, che lo conduca ad essere in grado di effettuare autonomamente alcune commissioni e percorsi.

Dottrina e Giurisprudenza sono concordi nel ritenere che nel caso in cui una persona che ha la custodia ha il “sicuro convincimento che nessun danno potrà verificarsi” non sussistono i presupposti della punibilità.

Dott.ssa Benedetta Cacace

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