VETERINARIO E OMISSIONE DI CURA DELL’ANIMALE IN DIFFICOLTA’

Possibile condanna ex art. 544 ter c.p. per il veterinario che omette di curare un animale in difficoltà

Corte di Cassazione, terza sezione penale, sentenza n. 38409 del 2018

Il medico veterinario che ometta di curare un animale giunto in condizioni precarie è passibile di condanna ex art. 544 ter c.p.; ciò è quanto disposto dalla Corte di Cassazione, terza sezione penale, con la sentenza n. 38409 del 2018.

L’art. 544 ter c.p. dispone che:

“Chiunque, per crudeltà o senza necessità, cagione una lesione ad un animale ovvero lo sottopone a sevizie o a comportamenti o a fatiche o a lavori insopportabili per le sue caratteristiche etologiche è punito con la reclusione da tre mesi a diciotto medi o con la multa da 5.000 a 30.000 euro.

La stessa pena si applica a chiunque somministra agli animali sostanze stupefacenti o vietate ovvero li sottopone a trattamenti che procurano un danno alla salute degli stessi.

La pena è aumentata della metà se dai fatti di cui al primo comma deriva la morte dell’animale”.

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Il delitto in questione è un reato a forma libera, e pertanto può essere realizzato anche con una condotta omissiva, purché l’agente sia destinatario di un obbligo giuridico di impedimento del verificarsi dell’evento lesivo.

Ed il veterinario, proprio ai sensi dell’art. 14 del codice deontologico dei medici veterinari,

“ha l’obbligo, nei casi di urgenza ai quali è presente, di prestare le prime cure agli animali nella misura delle sue capacità e rapportate allo specifico contesto, eventualmente anche solo attivandosi per assicurare ogni specifica e adeguata assistenza”.

Con la sentenza n. 44822 del 2007, la terza sezione civile della Corte di Cassazione ha affermato che, in ambito di delitti contro il sentimento per gli animali, la fattispecie del maltrattamento di animali configura un reato a dolo specifico nel caso in cui la condotta lesiva dell’integrità e della vita dell’animale sia tenuta per crudeltà, mentre configura un reato a dolo generico quando la condotta sia tenuta senza necessità.

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Detto ciò, nel nostro caso parrebbe sussistere l’ipotesi della mancanza di necessità, che si concretizza quando la condotta sia posta in essere in circostanze in cui manchi una ragione socialmente apprezzabile e degna di tutela, ovvero sussista la possibilità di una condotta alternativa, meno lesiva.

Le Sezioni Unite, con la sentenza n. 38343 del 2014, hanno chiarito che in merito al delitto ex art. 544-ter c.p., soprattutto per quanto riguarda la condotta tenuta senza necessità,

“è configurabile il dolo eventuale, che si realizza quando l’agente si sia chiaramente rappresentata la significativa possibilità di verificazione dell’evento concreto, ossia la lesione a un animale ovvero che lo stesso sia sottoposto a sevizie o a comportamenti o a fatiche o a lavori insopportabili, e ciò nonostante, dopo aver considerato il fine perseguito e l’eventuale prezzo da pagare, si sia determinato ad agire comunque, anche a costo di causare l’evento lesivo, aderendo ad esso, per il caso in cui si verifichi”.

Dott.ssa Benedetta Cacace


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