VENDITA CASA IN COMUNIONE

È possibile vendere la casa in comunione senza il consenso del coniuge?

La scrittura privata è un documento, redatto da uno o più soggetti, destinato ad assumere il valore di piena prova. La legge consente ai cittadini di disciplinare autonomamente, senza violare le norme, i propri interessi e la scrittura privata è uno degli strumenti maggiormente utilizzati.

La scrittura privata autenticata invece è un documento sottoscritto dalle parti innanzi ad un notaio, un segretario comunale o ad un console. Questa attestazione ha una funzione probatoria circa la provenienza delle dichiarazioni effettuate dai sottoscrittori, dato che il pubblico ufficiale ne verifica preliminarmente l’identità e la data certa.

V. anche

Se l’immobile è in comunione, ossia se ciascuna delle parti né è proprietaria in base alle diverse percentuali, i due soggetti condividono l’immobile in base alle percentuali di proprietà.

L’articolo 1108 c.c., nella parte in cui enuncia che:

“è necessario il consenso di tutti i partecipanti per gli atti di alienazione o di costituzione di diritti reali sul fondo comune…”

esprime un principio di ordine generale applicabile ad ogni tipo di comunione ed in particolare sottolinea come per poter vendere un immobile in comunione è necessario il consenso di tutte le parti interessate.

Nel caso in esame per risolvere il conflitto tra moglie e marito, e alleggerirsi dall’obbligo di pagare mensilmente il canone di mutuo sino alla sua scadenza, si potranno percorrere alternativamente alcune strade:

  • Provvedere, mediante un contratto scritto, alla cessione-vendita della sua quota alla compagna, con clausola di liberarsi dal mutuo. In tal modo, visto che la compagna è contraria alla vendita, acquistando la quota del compagno ne diventerebbe la piena intestataria.
  • Se possibile prevedere la ripartizione dell’immobile, in base alla percentuale di proprietà, attuando una divisione materiale.
  • Adire vie legali, provvedendo a citare in giudizio la compagna e chiedendo al tribunale di decidere in merito.

La Corte di Cassazione Civile, sez. II, con la sentenza n. 10669 del 14 dicembre 1994 ha confermato che:

“In materia di innovazioni e di altri atti eccedenti l’ordinaria amministrazione il consenso dei partecipanti alla comunione deve risultare espresso nelle forme previste dall’art. 1108 c.c.”.

Dott.ssa Benedetta Cacace


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