TENTATA TRUFFA SE NON SI CONSEGUE LA DISPONIBILITÀ NEPPURE PROVVISORIA DELLA REFURTIVA

Risponde del reato di tentata rapina chi non riesce ad impossessarsi della refurtiva

Corte di Cassazione, seconda sezione penale, sentenza n. 7606 del 2019

Nel caso di specie, il Giudice per le indagini preliminari aveva condannato l’imputato per il reato di rapina aggravata ex art. 628, comma 1 e 2 del codice penale.

L’articolo 628, comma 1 e 2 del c.p. prevede che:

“Chiunque, per procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto, mediante violenza alla persona o minaccia, s’impossessa della cosa mobile altrui, sottraendola a chi la detiene, è punito con la reclusione da quattro a dieci anni e con la multa da 927 euro a 2.500 euro.

Alla stessa pena soggiace chi adopera violenza o minaccia immediatamente dopo la sottrazione, per assicurare a sé o ad altri il possesso della cosa sottratta, o per procurare a sé o ad altri l’impunità”.

L’uomo aveva nascosto nel cappotto alcune bottiglie di liquore dopo averle sottratte dagli espositori di un supermercato, ed aveva usato violenza e minacce nei riguardi degli addetti alla sicurezza al fine di sottrarsi al controllo e conseguire l’impunità nonché mantenere il possesso della refurtiva.

Il ricorrente nell’adire la Corte di Cassazione ha rilevato che, sulla base di una recente giurisprudenza il fatto era stato erroneamente qualificato come rapina consumata invece che come rapina tentata.

Gli Ermellini, intervenuti sulla questione hanno dichiarato fondato il ricorso rammentando che secondo costante orientamento giurisprudenziale

“in tema di patteggiamento, anche a seguito dell’introduzione dell’art. 448, comma 2-bis, c.p.p., la possibilità di ricorrere per cassazione deducendo l’erronea qualificazione giuridica del fatto è limitata ai casi in cui tale qualificazione risulti, con indiscussa immediatezza, palesemente eccentrica rispetto al contenuto del capo di imputazione, dovendo escludersi l’ammissibilità dell’impugnazione che richiami, quale necessario passaggio logico del motivo di ricorso, aspetti in fatto e probatori che non risultino con immediatezza dalla contestazione”.

Il reato di furto si differenza dalla rapina in quanto quest’ultimo ha un quid pluris costituito dall’uso della violenza o della minaccia finalizzate all’impossessamento della cosa mobile altrui mediante sottrazione a chi la detiene.

La domanda che ci si pone è se la condotta di sottrazione della merce all’interno di un supermercato sia qualificabile come furto consumato o tentato nel caso in cui l’autore sia fermato dopo il superamento delle casse con la merce sottratta.

La Corte di Cassazione con la sentenza in commento ha aderito al principio secondo cui

“la concomitante osservazione da parte della persona offesa, ovvero del dipendente personale di sorveglianza, dell’avviata azione delittuosa e la correlata e immanente possibilità di intervento nella immediatezza, a tutela della detenzione, impediscono la consumazione del reato, per non essersi perfezionata la fattispecie tipizzata in quanto l’agente non ha conseguito l’autonoma ed effettiva disponibilità della refurtiva, non ancora uscita dalla sfera di vigilanza e di controllo diretto del soggetto passivo, la cui signoria sulla cosa non è stata eliminata”.

Pertanto deve ritenersi preferibile la tesi che tende a privilegiare il connotato di “effettività” che deve caratterizzare l’impossessamento quale momento consumativo del delitto di furto, rispetto al semplice momento sottrattivo.

Detto ciò, la condotta di chi oltrepassi le casse senza pagare la merce sottratta, rende difficilmente contestabile l’intento furtivo, ma lascia impregiudicata la questione se la circostanza comporti di per sé sola la consumazione del reato, nel caso in cui l’azione delittuosa sia stata rilevata nel suo divenire dalla persona offesa, intervenuta per difendere la proprietà della merce.

In conclusione si deve enunciare il seguente principio di diritto:

“Il monitoraggio nella attualità dell’azione furtiva avviata, esercitato sia mediante la diretta osservazione della persona offesa, sia mediante appositi apparati di rilevazione automatica del movimento della merce, e il conseguente intervento difensivo in continenti, a tutela della detenzione, impediscono la consumazione del delitto di furto, che resta allo stadio del tentativo, in quanto l’agente non ha conseguito, neppure momentaneamente l’autonoma ed effettiva disponibilità della refurtiva, non ancora uscita dalla sfera di vigilanza e di controllo diretto del soggetto passivo”.

Dott.ssa Benedetta Cacace


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