Telecamere in casa: lecite se note all’altro coniuge

La Corte di Cassazione penale, sezione VI, con la sentenza n. 14253 del 23 marzo 2017 ha dichiarato che la videosorveglianza all’interno della casa familiare è lecita se nota all’altro coniuge

Il caso:

Una signora, denuncia il marito per maltrattamenti e interferenze illecite nella vita privata, con riferimento alle riprese interne ed esterne del sistema di videosorveglianza installato nella casa familiare. A seguito della denuncia, vi era stato il sequestro probatorio delle registrazioni, ritenendo il Tribunale sussistere il fumus del reato di cui all’articolo 615-bis c.p., secondo il quale l’installazione del sistema di videosorveglianza era avvenuta contro la volontà della moglie, la quale aveva coperto le telecamere con dei vestiti.

L’articolo 615-bis c.p. dispone che:

“Chiunque, mediante l’uso di strumenti di ripresa visiva o sonora, si procura indebitamente notizie o immagini attinenti alla vita privata svolgentesi nei luoghi indicati dall’articolo 614, è punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni.

Alla stessa pena soggiace, salvo che il fatto costituisca più grave reato, chi rivela o diffonde, mediante qualsiasi mezzo di informazione al pubblico, le notizie o le immagini ottenute nei modi indicati nella prima parte di questo articolo.

I delitti sono punibili a querela della persona offesa; tuttavia si procede d’ufficio e la pena è della reclusione da uno a cinque anni se il fatto è commesso da un pubblico ufficiale o da un incaricato di un pubblico servizio, con abuso dei poteri o con violazione dei dovere inerenti alla funzione o servizio, o da chi esercita anche abusivamente la professione di investigatore privato”.

L’indagato, nel proporre ricorso per Cassazione assume che il Tribunale non aveva tenuto conto di tutti gli elementi a discarico e che la circostanza era nota a tutti gli abitanti della casa.

La decisione della Corte:

La Corte di Cassazione, ha ritenuto fondate le censure, osservando che in sede di riesame contro un decreto di sequestro probatorio, deve essere vagliato il fumus dei reati in relazione ai quali il sequestro è stato disposto.

L’accertamento del fumus va compiuto sotto il profilo della congruità degli elementi rappresentati, da valutarsi nella loro integralità, al fine di controllare se essi consentano o meno di sussumere la fattispecie concreta nella fattispecie astratta di reato.

Nel caso in esame, il Tribunale aveva rilevato che la sussisteva il fumus del reato di cui all’articolo 615-bis c.p., osservando di conseguenza che vi era il bisogno di acquisire il contenuto delle registrazioni del sistema di videosorveglianza, così da verificare le illecite interferenze, in quanto l’installazione era avvenuta senza il consenso della moglie.

Secondo la Corte di Cassazione, il Tribunale avrebbe dovuto valutare tutte le deduzioni difensive, così da corroborare il giudizio sull’attuale riconoscibilità del fumus del reato, cui il sequestro era stato ricollegato specificamente.

Dott.ssa Benedetta Cacace