SULLA LEGITTIMAZIONE PASSIVA DELLA SOCIETA’ CESSIONARIA

IL CESSIONARIO NON È LEGITTIMATO PASSIVAMENTE PER PROPORRE LA DOMANDA DI RIPETIZIONE DELL’INDEBITO

Ai senti dell’art. 58 del Testo Unico Bancario (D.lgs. 1 settembre 1993, n. 385 e successive modifiche):

La Banca d’Italia emana istruzioni per la cessione a banche di aziende, di rami d’azienda, di beni e rapporti giuridici individuabili in blocco. Le istruzioni possono prevedere che le operazioni di maggiore rilevanza siano sottoposte ad autorizzazione della Banca d’Italia. La banca cessionaria dà notizia dell’avvenuta cessione mediante iscrizione nel registro delle imprese e pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana. La Banca d’Italia può stabilire forme integrative di pubblicità. I privilegi e le garanzie di qualsiasi tipo, da chiunque prestati o comunque esistenti a favore del cedente, nonché le trascrizioni nei pubblici registri degli atti di acquisto dei beni oggetto di locazione finanziaria compresi nella cessione conservano la loro validità e il loro grado a favore del cessionario, senza bisogno di alcuna formalità o annotazione. Restano altresì applicabili le discipline speciali, anche di carattere processuale, previste per i crediti ceduti. Nei confronti dei debitori ceduti gli adempimenti pubblicitari previsti dal comma 2 producono gli effetti indicati dall’art. 1264 del codice civile. I creditori ceduti hanno facoltà, entro tre mesi dagli adempimenti pubblicitari previsti dal comma 2, di esigere dal cedente o dal cessionario l’adempimento delle obbligazioni oggetto di cessione. Trascorso il termine di tre mesi, il cessionario risponde in via esclusiva. Coloro che sono parte dei contratti ceduti possono recedere dal contratto entro tre mesi dagli adempimenti pubblicitari previsti dal comma 2 se sussiste una giusta causa, salvo in questo caso la responsabilità del cedente. Le disposizioni del presente articolo si applicano anche alle cessioni in favore dei soggetti, diversi dalle banche, inclusi nell’ambito della vigilanza consolidata ai sensi degli articoli 65 e 109 e in favore degli intermediari finanziari previsti dall’articolo 106.

Nella casistica prevista nel citato dispositivo, il cessionario del credito in blocco, non ha legittimazione passiva per proporre una domanda di ripetizione dell’indebito relativo al credito del correntista per un contratto di conto corrente stipulato dalla cedente il credito.

La cessione dei crediti da un soggetto all’altro, viene resa nota attraverso la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale.

Tale forma di pubblicità, produce ex lege, nei confronti dei debitori ceduti, tutti gli effetti di cui all’art. 1264 c.c.

In particolare, l’art. 1264 c.c. recita

“La cessione ha effetto nei confronti del debitore ceduto quando questi l’ha accettata o quando gli è stata notificata. Tuttavia, anche prima della notificazione, il debitore che paga al cedente non è liberato, se il cessionario prova che il debitore medesimo era a conoscenza dell’avvenuta cessione.”

La norma in commento trae fondamento dalla natura stessa della cessione del credito.

Perché l’istituto possa perfezionarsi invero, non è necessario il consenso del debitore il quale, ben può rimanerne all’oscuro.

Il dispositivo dunque, ulteriore conferma della natura della cessione del credito, viene posto anche a tutela del debitore. Con l’art. 1264 c.c. il legislatore ha infatti stabilito che può essere contestata al debitore l’eventuale invalidità del pagamento fatta al creditore cedente, solo dopo che la cessione gli venga notificata o solamente laddove il debitore l’abbia accettata (derivandone dunque la sua certa conoscenza).

Ciò che rileva per la tutela al debitore è dunque che egli fosse all’oscuro dell’avvenuta cessione e ne consegue che laddove il debitore fosse consapevole, non può ritenersi liberato se assolve la pendenza al creditore cedente.

L’evento che permette di far conoscere indubbiamente al debitore l’avvenuta cessione, è la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale giacché quest’ultima è la fonte ufficiale di conoscenza delle norme in vigore in Italia ed è lo strumento di diffusione, informazione e ufficializzazione di testi legislativi, atti pubblici e privati per eccellenza, edita dall’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato e pubblicata in collaborazione con il Ministero della Giustizia, il quale provvede alla direzione e redazione della stessa.

Dunque, nella cessione dei crediti in blocco, la cessionaria acquista dalla cedente la titolarità di tutti i crediti derivanti dal contratto di finanziamento ceduto e succede a titolo particolare in tutti i rapporti giuridici attivi e passivi già in capo alla cedente.

Rilevante sul punto risulta la pronuncia del Tribunale di Reggio Calabria ,n. 1224 del 02.11.2022 in cui l’attrice citava la banca e la società cessionaria che aveva acquistato “in blocco” i crediti dell’istituto di credito, eccependo che fossero stati attivati nel proprio contratto, tassi ultralegali mai convenuti e interessi anatocisticiche determinavano la legittimazione alla restituzione di alcune somme.

Si costituivano la banca e la società cessionaria la quale, tra gli altri motivi di difesa, eccepiva preliminarmente, il difetto di legittimazione passiva dell’attrice relativamente alla domanda di ripetizione dell’indebito.

Il Tribunale di Reggio Calabria, nella pronuncia in commento, con riferimento alla legittimazione passiva della società cessionaria, rilevato che l’art. 58 TUB consente la cessione di aziende, di rami d’azienda, di beni e rapporti giuridici individuabili in blocco e che la notizia dell’avvenuta cessione avviene mediante pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale e valutato che, conseguentemente, dalla data della pubblicazione la cessione deve intendersi notificata ai debitori, specificava che in virtù del contratto di cessione di crediti pecuniari individuabili “in blocco“,

la società cessionaria acquista dalla società cedente la titolarità di tutti i crediti (per capitale, interessi, anche di mora, accessori, spese, ulteriori danni e quant’altro) derivanti dal contratto di finanziamento ceduto e succede, a titolo particolare, in tutti i rapporti giuridici attivi e passivi già in capo alla società cedente.”

Il Giudice di merito richiamava sul punto (ex plurimis) la sentenza della Cassazione Civile n. 1772 del 2018 per cui:

Mentre la cessione del contratto opera il trasferimento dal cedente al cessionario, con il consenso dell’altro contraente, dell’intera posizione contrattuale, con tutti i diritti e gli obblighi ad essa relativi, la cessione del credito ha un effetto più circoscritto, in quanto è limitata al solo diritto di credito derivato al cedente da un precedente contratto e produce, inoltre, rispetto a tale diritto, uno sdoppiamento fra la titolarità di esso, che resta all’originario creditore –cedente, e l’esercizio, che è trasferito al cessionario. Dei diritti derivanti dal contratto, costui acquista soltanto quelli rivolti alla realizzazione del credito ceduto, e cioè, le garanzie reali personali, i vari accessori e le azioni dirette all’adempimento della prestazione. Non gli sono, invece, trasferite le azioni inerenti alla essenza del precedente contratto, fra cui quella di risoluzione per inadempimento, poiché essere afferiscono alla titolarità del negozio, che continua ad appartenere al cedente anche dopo la cessione del credito”.

Ancora, specificava la Magistratura che il principio secondo il quale, a norma degli artt. 1260 e ss c.c.,

il cessionario subentra nel diritto di credito del cedente sostituendosi ad esso e assumendo la sua stessa posizione e che “a seguito della cessione del credito il debitore ceduto diviene obbligato verso il cessionario allo stesso modo in cui era tale nei confronti del suo creditore originario. Pertanto potrà opporre al cessionario tutte le eccezioni opponibili al cedente, comprese quelle attinenti alla validità del titolo costitutivo del credito” (per tutte, Cass. Civ. del 10.1.01 n. 575, richiamata da Cass. Civ. del 9.7.14 n. 15610) va interpretato nel senso che le contestazioni del debitore ceduto sul credito, comprese quelle relative al suo titolo costitutivo e le eventuali nullità dello stesso, possono essere proposte anche nei confronti del cessionario del credito che agisce per il pagamento, “ma non anche nel senso che le medesime contestazioni devono essere rivolte in via di azione (non di eccezione) nei confronti del cessionario, il quale non è subentrato nella posizione contrattuale del creditore cedente.”

Con riferimento all’azione di ripetizione dell’indebito la stessa veniva ritenuta dal Giudice di Reggio Calabria inammissibile non avendo l’attrice documentato l’avvenuta chiusura del conto corrente affidato.

In proposito la Magistratura aggiungeva che “l’oggetto dell’azione di ripetizione è rappresentato dal pagamento indebito e non già dal debito sostenuto come illegale” (cfr. Cass. Civ. n. 798 del 15/1/2013), dunque, posta la distinzione tra l’azione di ripetizione di indebito oggettivo e l’azione di accertamento negativo di non debenza di somme in base a clausole nulle, il Giudice di merito si conformava alle decisioni della Corte di Cassazione, che ha rilevato che

soltanto a conto corrente chiuso anche il rapporto di apertura di credito eventualmente insistente sullo stesso conto corrente, ove la banca abbia già esatto e ottenuto dal correntista la restituzione del saldo finale a debito – nel computo del quale vi siano anche somme addebitate per interessi (anatocistici o usurari) e altre poste debitorie non dovute perché oggetto di clausola nulla ai sensi dell’art. 117 TUB – si potrà parlare di vera e propria ripetizione di indebito” (cfr. Cass. Civ., S.U. n. 24418 del 2010 e Tribunale di Sciacca, sentenza n. 143 del 2020)

Dunque, solo dando prova dell’effettiva chiusura del conto il cliente può proporre un’azione di accertamento negativo per l’accertamento e la dichiarazione di nullità ai sensi dell’art. 117 TUB o per violazione di norme imperative; per l’accertamento del quantum delle somme addebitate illegittimamente dalla banca; per lo storno dell’annotazione contabile, con il ricalcolo del dare-avere, a seguito della depurazione del saldo dagli addebiti nulli.

In difetto, l’azione di ripetizione dell’indebito è inammissibile e tale circostanza è rilevabile anche d’ufficio se dagli atti non emerge la chiusura del conto (cfr., Corte d’Appello di Bari, sentenza n. 1035/2018) e

non pregiudica gli esiti della domanda principale di accertamento dei vizi del contratto di conto corrente, rispetto alla quale l’interesse del correntista è concreto e si sostanzia nella possibilità di ottenere una riduzione del saldo passivo di conto corrente in virtù del ricalcolo dei rapporti dare – avere tra le parti” (cfr., ex multis, Cass. Civ. n. 216446 del 2018: “in tema di conto corrente bancario sussiste l’interesse del cliente all’accertamento giudiziale … della nullità delle clausole anatocistiche e dell’entità del saldo parziale ricalcolato, depurato delle appostazioni illegittime… atteso che tale interesse mira al conseguimento di un risultato utile, giuridicamente apprezzabile e non attingibile senza la pronuncia del giudice, consistente… nella riduzione dell’importo che la banca, una volta rielaborato il saldo, potrà pretendere…”).

Elaborati i suddetti principi, per quel che interessa la materia oggetto del presente elaborato, il Tribunale di Reggio Calabria, dichiarava il difetto di legittimazione passiva della società cessionaria e l’inammissibilità della domanda di ripetizione dell’indebito.

Leggi la sentenza

Sentenza, Tribunale di Reggio Calabria n. 1224 02.11.2022