SINISTRI STRADALI: MODULO CID E VALORE PROBATORIO


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Qual è il valore probatorio del Cid?

Corte di Cassazione, terza sezione civile, ordinanza n. 20300 del 2019

In quali casi costituisce prova il Cid?

La Corte di Cassazione, con la sentenza in commento ha chiarito che  in mancanza di elementi probatori contrati alla ricostruzione contenuta nel Cid, questo fa prova nel caso in cui coincida con la CTU.

Nel caso di specie l’attore, mentre si trovava in sosta all’interno della propria autovettura era stato investito da un autocarro che, durante una manovra di svolta aveva calcolato male gli spazi, danneggiando la sua vettura.

I danni subiti ammontavano ad euro 11 mila per il ripristino dell’auto, il noleggio di una sostitutiva e la redazione di una perizia tecnica estimativa. Inoltrata la lettera di messa in mora alla compagnia assicuratrice dell’autocarro danneggiante l’odierno attore non aveva avuto alcun riscontro nonostante la produzione del Cid, il rapporto di intervento delle forze dell’ordine e la fattura di riparazione del mezzo.

Il Giudice di Pace, all’esito di una Ctu aveva condannato i convenuti in solido al pagamento della somma di euro 9 mila oltre interessi.

Il Tribunale invece aveva parzialmente accolto l’appello rappresentando una diversa ricostruzione del percorso logico-motivazione della decisione. Il giudice infatti aveva ritenuto che il modulo c.d. Cid, pur essendo sottoscritto da entrambi i conducenti fosse, nel caso di specie, privo di alcuna rilevanza probatoria, essendo superata la presunzione semplice da essa posta per effetto della prova contraria offerta dalla compagnia assicuratrice, attraverso le presunzioni ricavabili da altri elementi probatori acquisiti dal giudice e dalle risultanze della perizia redatta dal CTU.

La maggior parte dei danni riportati dal mezzo danneggiato non sarebbe riconducibile al generico impatto descritto, né gli attori avevano insistito per l’ammissione di prove testimoniali.

Gli Ermellini, intervenuti per dirimere la questione hanno dichiarato infondato il primo motivo di ricorso, rammentando che:

“il principio di non contestazione opera in relazione a fatti che siano stati chiaramente esposti da una delle parti in giudizio e che non siano contestati dalla controparte che ne abbia avuto l’opportunità, di guisa che la parte che lo deduca in sede di impugnazione è tenuta ad indicare specificamente in quale atto processuale il fatto sia stato esposto al fine di consentire al giudice di verificarne la chiarezza e se la controparte abbia avuto occasione di replicare”.

Nel caso in questione gli oneri di allegazione non erano stati soddisfatti, né risulta che vi sia stato accordo tra le parti in merito alle modalità di verificazione del sinistro, pertanto il principio di non contestazione non può essere utilmente invocato.

Invece per quanto concerne il secondo motivo di ricorso questo merita accoglimento, infatti per quanto il valore confessorio di quanto dichiarato nel modulo di constatazione amichevole debba essere valutato sempre alla stregua della ricostruzione dei fatti quale effettuata dal Giudice del merito con l’ausilio di tutti gli strumenti di prova e sebbene la stessa dichiarazione debba intendersi preclusa dall’esistenza di una accertata incompatibilità oggettiva tra il fatto come descritto nel documento e del conseguenze del sinistro accertate in sede di merito, nel caso di specie non ci sono elementi contrari a sostegno di una differente ricostruzione degli avvenimenti.

Secondo costante orientamento giurisprudenziale:

“ogni valutazione sulla portata confessoria del modulo Cid deve ritenersi preclusa dall’esistenza di un’accertata incompatibilità oggettiva tra il fatto come descritto in tale documento e le conseguenze del sinistro come accertate in giudizio”.

Dott.ssa Benedetta Cacace

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