NO ALL’USUCAPIONE DEI BENI DI INTERESSE STORICO, ARTISTICO O ARCHEOLOGICO

I BENI DI INTERESSE STORICO, ARTISTICO O ARCHEOLOGICO NON POSSONO ESSERE USUCAPITI

 

Con la recente pronuncia n. 14105 del 23.05.2023, la Suprema Corte di Cassazione ha rilevato che i beni che, per il loro interesse storico, artistico o archeologico si deve ritenere appartengano allo Stato o ad altri enti pubblici, sono c.d. beni culturali e, l’apposizione su di essi del vincolo archeologico, implica che questi non possano essere usucapiti.

In particolare, nella vicenda sottesa alla pronuncia in esame, la Corte d’Appello respingeva in seconda battuta il ricorso di un cittadino che aveva chiesto l’accertamento dell’acquisto per usucapione di un’area antistante la propria.

L’appellante invero era stata condannata al rilascio dell’area a favore del Comune e resisteva adducendo l’avvenuto usucapione del bene.

Tuttavia l’area in questione era qualificata come terreno demaniale sottoposta a vincolo archeologico.

Ne derivava quindi che il privato non poteva usucarpirla.

La pronuncia emessa dalla Corte territoriale veniva poi impugnata dell’erede dalla soccombente in Cassazione.

L’erede in particolare lamentava che la Corte territoriale avrebbe erroneamente attribuito la qualità di bene demaniale all’area in questione, posto che tale qualità non può essere ricollegata all’imposizione del vincolo archeologico di cui alla l. n. 1089/1939.

Le lamentele del ricorrente tuttavia venivano respinte dagli Ermellini che chiarivano che non può trovare accoglimento la domanda di usucapione di un bene appartenente al demanio pubblico, in ragione della sua intrinseca rilevanza archeologica, affermando la irrilevanza, quanto al possesso, della data del provvedimento di apposizione del vincolo (cfr. Cass. civ., sez. II, n. 25690/2018):

l’immobile di proprietà di un Comune che, sebbene non iscritto nell’elenco di cui all’art. 4, comma 1, l. n. 1098/1939, sia riconosciuto di interesse storico, archeologico o artistico, è soggetto, ai sensi del combinato disposto degli artt. 822 e 824 c.c., al regime del demanio pubblico con la conseguenza che non può essere sottratto alla rispettiva destinazione, né essere oggetto di usucapione. I beni muniti di interesse storico, artistico o archeologico appartenenti allo Stato o ad altri enti pubblici, quindi, devono considerarsi tout court culturali: attraverso l’apposizione del vincolo archeologico, dunque, non si costituisce su di essi una nuova qualità ma semplicemente si certifica una prerogativa che il bene già possiede per le sue caratteristiche”.

Dunque anche per il bene in contesa si escludeva l’usucapione, attesa la sua rilevanza archeologica, nonostante l’apposizione del vincolo in parole fosse avvenuta solo qualche anno addietro.

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Cass. civ., sez. II, ord., 23 maggio 2023, n. 14105