NESSUNA RESPONSABILITÀ PER IL CUSTODE SE IL PERICOLO E’ PALESE

CIASCUNO È RESPONSABILE DEL DANNO CAGIONATO DALLE COSE CHE HA IN CUSTODIA, SALVO CHE PROVI IL CASO FORTUITO” MA, COME CHIARITO DALLA SUPREMA CORTE CON SENTENZA N. 9863 DEL 13 APRILE 2023 DELLA CASSAZIONE IN COMMENTO “QUANTO PIÙ LA SITUAZIONE DI POSSIBILE DANNO È SUSCETTIBILE DI ESSERE PREVISTA E SUPERATA ATTRAVERSO L’ADOZIONE DA PARTE DEL DANNEGGIATO DELLE CAUTELE NORMALMENTE ATTESE E PREVEDIBILI IN RAPPORTO ALLE CIRCOSTANZE, TANTO PIÙ INCIDENTE DEVE CONSIDERARSI L’EFFICIENZA CAUSALE DEL COMPORTAMENTO IMPRUDENTE DEL MEDESIMO NEL DINAMISMO CAUSALE DEL DANNO, FINO A RENDERE POSSIBILE CHE DETTO COMPORTAMENTO INTERROMPA IL NESSO EZIOLOGICO TRA FATTO ED EVENTO DANNOSO, CONNOTANDOSI PER L’ESCLUSIVA EFFICIENZA CAUSALE NELLA PRODUZIONE DEL SINISTRO

Ai sensi dell’art. 2051 c.c.:

Ciascuno è responsabile del danno cagionato dalle cose che ha in custodia, salvo che provi il caso fortuito” ma, come chiarito dalla Suprema Corte con sentenza n. 9863 del 13 aprile 2023 della Cassazione in commento “quanto più la situazione di possibile danno è suscettibile di essere prevista e superata attraverso l’adozione da parte del danneggiato delle cautele normalmente attese e prevedibili in rapporto alle circostanze, tanto più incidente deve considerarsi l’efficienza causale del comportamento imprudente del medesimo nel dinamismo causale del danno, fino a rendere possibile che detto comportamento interrompa il nesso eziologico tra fatto ed evento dannoso, connotandosi per l’esclusiva efficienza causale nella produzione del sinistro”.

Nella vicenda sottesa alla pronuncia in esame, un uomo era rovinosamente caduto in pieno giorno, su un percorso pedonale in lieve pendenza e con una superficie in materiale anticaduta e, avendo riportato alcuni danni fisici, tra cui fratture multiple e un danno biologico, chiedeva il risarcimento subendo però una sconfitta sia in primo che in secondo grado.

La Magistratura di merito evidenziava che la strada era composta da un materiale anticaduta ed il sinistro era avvenuto in pieno giorno e quindi con piena visibilità in una via in lieve pendenza e dotata di un corrimano.

Dunque, non vi era alcuna insidia e la via era facilmente percorribile.

Veniva quindi richiamato il principio per cui più il pericolo è percettibile e prevedibile nonché superabile con l’adozione di un’adeguata diligenza, più il danno può essere imputato al comportamento del danneggiato.

Ma l’uomo non accettava la sconfitta e decideva di ricorrere in Cassazione, ottenendo però la medesima risposta.

Gli ermellini, nello specifico, rilevavano che l’uomo non aveva provato il nesso di causalità tra il danno e la strada e verificavano che l’evento risultava causato dalla condotta del danneggiato in applicazione dell’art. 1227 c.c.

Veniva quindi ancora una volta esclusa la sussistenza della c.d. insidia e trabocchetto e la responsabilità del Comune (sia ai sensi dell’art. 2043 c.c. che 2051 c.c.) atteso che la situazione in cui l’uomo aveva riportato il danno, non era una “pericolosa discesa con un fondo instabile di ghiaia”, ma solamente un sentiero in lieve pendenza, con una modesta presenza di ghiaino.

Dunque, non vi era il pericolo invocato dal danneggiato e la strada non era il motivo del sinistro ma semplicemente il luogo in cui esso accadeva.

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Cass. civ., Sez. III, Sent., (data ud. 22.02.2023) 13.04.2023, n. 9863