L’AVVOCATO CHE SI DIFENDE DA SOLO HA DIRITTO ALLA LIQUIDAZIONE DEL COMPENSO

Il fatto che l’avvocato si sia avvalso della facoltà di difesa personale prevista dall’art. 86 c.p.c., non incide sulla natura professionale dell’attività svolta in proprio favore, e, pertanto, non esclude che il giudice debba liquidare in suo favore, secondo le regole della soccombenza e in base alle tariffe professionali, i diritti e gli onorari previsti per la sua prestazione

Corte di Cassazione, sesta sezione civile, sentenza n. 4698 del 2019

La ricorrente, in qualità di avvocato, aveva adito la Corte di Cassazione, avverso l’ordinanza del Tribunale di primo grado che, dopo aver accolto l’opposizione da questa presentata nei confronti del decreto di  liquidazione dei compensi a lei spettanti per l’attività difensiva svolta in favore della sua assistita, ammessa al patrocinio a spese dello Stato, aveva omesso di regolare le spese del giudizio di opposizione.

Con il primo motivo di ricorso denuncia la nullità dell’ordinanza per non essersi pronunciata sulle spese dell’opposizione e per la violazione e falsa applicazione dell’art. 92 del codice di procedura civile, ritenendo che il fatto di essere personalmente in giudizio non poteva escludere il suo diritto alla refusione delle spese e alla liquidazione dei compensi per l’attività professionale svolta.

Con il secondo motivo di ricorso viene impugnata la quantificazione del compenso effettuata dal giudice di primo grado lamentando violazione e falsa applicazione dell’art. 91 c.p.c., in relazione al D.M. n. 55 del 2014, art. 4, quinto comma lett.c), nonché l’omesso esame del Tribunale laddove questo aveva negato il compenso per l’intera fase istruttoria e di trattazione, anche se era sussistente il requisito delle plurime memorie di parte.

Gli Ermellini intervenuti sulla questione hanno dichiarato fondato il primo motivi di ricorso in quanto

“la statuizione sulle spese, viola il principio per cui la circostanza che l’avvocato si sia avvalso della facoltà di difesa personale prevista dall’art. 86 c.p.c., non incide sulla natura professionale dell’attività svolta in proprio favore, e, pertanto, non esclude che il giudice debba liquidare in suo favore, secondo le regole della soccombenza e in base alle tariffe professionali, i diritti e gli onorari previsti per la sua prestazione”.

Inoltre la Corte di Cassazione ha dichiarato fondato anche il secondo motivo di ricorso limitatamente alla statuizione che ha escluso il compenso per la fase di trattazione in quanto non erano state espletate prove orali e non era stata disposta CTU; detta affermazione viola l’art. 4, comma 5 lett. c) del D.M. n. 55 del 2004 che

“include nella fase istruttoria una pluralità di attività ulteriori rispetto all’espletamento di prove orali e di CTU, tra cui anche le richieste di prova e le memorie illustrative o di precisazione o integrazione delle domande, che il giudice di rinvio dovrà accertare se siano state o meno effettuate”.

Detto ciò si evince che la statuizione che esclude il compenso al legale per la fase di trattazione, in quanto non sono state espletate prove orali o disposta CTU, viola quanto disposto dall’art. 4, comma 5 lett. c) del D.M. n. 55 del 2014.

L’articolo in questione dispone quanto segue:

“c) per fase istruttoria: le richieste di prova, le memorie illustrative o di precisazione o integrazione delle domande o dei motivi d’impugnazione, eccezioni e conclusioni, l’esame degli scritti o documenti delle altre parti o dei provvedimenti giudiziali pronunciati nel corso e in funzione dell’istruzione, gli adempimenti o le prestazioni connesse ai suddetti provvedimenti giudiziali, le partecipazioni e assistenze relative ad attività istruttorie, gli atti necessari per la formazione della prova o del mezzo istruttorio anche quando disposto d’ufficio, la designazione di consulenti di parte, l’esame delle corrispondenti attività e designazioni delle altre parti, l’esame delle deduzioni dei consulenti d’ufficio o delle altre parti, la notificazione delle domande nuove o di altri atti nel corso del giudizio compresi quelli al contumace, le relative richieste di copie al cancelliere, le istanze al giudice in qualsiasi forma, le dichiarazioni rese nei casi previsti dalla legge, le deduzioni a verbale, le intimazioni dei testimoni, comprese le notificazioni e l’esame delle relative relate, i procedimenti comunque incidentali comprese le querele di falso e quelli inerenti alla verificazione delle scritture private. Al fine di valutare il grado di complessità della fase rilevano, in particolare, le plurime memorie per parte, necessarie o autorizzate dal giudice, comunque denominate ma non meramente illustrative, ovvero le plurime richieste istruttorie ammesse per ciascuna parte e le plurime prove assunte per ciascuna parte. La fase rileva ai fini della liquidazione del compenso quando effettivamente svolta”.

Dott.ssa Benedetta Cacace


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