LA VENDITA DELLA FRAZIONE DI UN BENE INDIVISO

LA QUOTINA, VENDITA DI UNA FRAZIONE DEL BENE INDIVISO

L’erede, quale compartecipante alla comunione, può vendere una parte della quota indivisa della massa ereditaria ad un terzo estraneo?

LE NORME

Secondo quanto previsto dall’art. 1322 del c.c.:

Le parti possono liberamente determinare il contenuto del contratto nei limiti posti dalla legge e dalle norme corporative. Le parti possono anche concludere contratti che non appartengono ai tipi aventi una disciplina particolare, purchè siano diretti a realizzare interessi meritevoli di tutela secondo l’orientamento giuridico’.

Secondo l’art. 1103, comma 1, c.c.:

ciascun partecipante può disporre del suo diritto e cedere ad altri il godimento della cosa nei limiti della sua quota’.

Il precetto sembra creare una limitazione al comunista in riferimento alla disponibilità del bene in quanto oltre ad avere la libera disponibilità della propria quota e quindi ad essere, il suo diritto,  quantitativamente limitato egli potrà cedere ad altri il godimento della cosa e non anche la titolarità della stessa.

In ogni caso le due norme sembrano rispondere positivamente al quesito su proposto e quindi la vendita della quota del bene è valida ed efficace e nessuno dei comunisti può opporvisi.

CONSIDERAZIONI

Ma dobbiamo considerare che quando un bene appartiene a più soggetti indivisamente, il diritto di ognuno dei partecipanti alla comunione non ha per oggetto una parte fisicamente determinata del bene comune ma investe questo nella sua totalità e il diritto del singolo compartecipe è limitato dall’omologo diritto dell’altro comunista.

In considerazione alla vendita di una porzione materiale e determinata dell’unico bene facente parte della massa comune (e non quindi della quota ideale), o, quando la massa comune è costituita da una pluralità di beni, da uno o più beni facenti parte della stessa o ad una quota ideale inerente ad uno solo dei beni oggetto della massa, al diritto ideale alla quota di ognuno si riferirà, al momento della cessazione della comunione, l’attribuzione del diritto su una porzione fisicamente determinata della massa comune il cui valore dovrà corrispondere al valore assunto dalla quota ideale di cui egli disponeva sulla massa.

Ma come è possibile, concretamente, individuare il diritto di ciascun compartecipe per consentirgli una cessione del proprio diritto quando la norma di riferimento gli consente solo la cessione del godimento? E fondamentalmente come va considerato un contratto di vendita di una quota ideale di una massa ereditaria?

Innanzitutto ricordiamo che se la cessione della quota attribuisce al cessionario la medesima posizione giuridica del cedente rispetto alla comunione, la cessione di una porzione della massa materialmente individuata non potrà consentire una successione dell’intero diritto di cui il cedente è titolare rispetto alla comunione.

La risposta al quesito, in ogni caso, dipende dalla interpretazione dell’oggetto del contratto di vendita, o meglio dall’individuazione dei limiti entro il quale l’acquirente possa assumere la medesima posizione del venditore e quale potere assume nell’ambito di una eventuale divisione della comunione.

E dalle norme si desume che l’acquirente, in quanto cessionario non del diritto alla titolarità ma del godimento della quota ideale di partecipazione, non avrà alcun potere con riferimento alla divisione ma sarà un semplice partecipante alla stessa con soli poteri di controllo e collaborazione in sede di operazioni divisionali.

Infatti e con riferimento alla comunione ereditaria, alla quale si riferiscono le norme sulla comunione ordinaria, in caso di cessione dell’intera quota di partecipazione, il singolo coerede non perde la qualità di erede e sarà comunque titolare di una serie di situazioni che sono strettamente personali e intrasmissibili (es. titolarità degli obblighi relativi al passivo ereditario).

Pertanto, nel caso in cui il partecipante alla comunione decida di vendere una frazione della parte idealmente considerata della massa comune, ci si troverebbe di fronte a due distinte comunioni: una formata da tutti i comunisti e un’altra alla quale parteciperà l’acquirente della.

In merito al secondo quesito, va considerato che, quando il singolo comproprietario vendi ad un terzo estraneo, non una quota ideale, ma una porzione materiale dell’unico bene o di una quota ideale indivisa di uno specifico bene fisicamente determinato, l’identificazione materiale di una porzione determinata dell’unico bene della massa, cui fa riferimento la quota ideale venduta potrebbe comportare il rischio che il bene o la porzione del bene concretamente e materialmente individuato nel contratto di vendita venga, in sede di divisione, attribuito ad un soggetto condividente diverso dal venditore.

Quindi, si tratta di un contratto aleatorio dove, l’alea dell’acquirente consiste nella eventualità di non poter acquisire concretamente quella porzione dell’unico bene della massa o della quota sul bene concretamente individuato tra i beni della massa oggetto del contratto di acquisto, quando in sede divisionale fosse assegnato ad altro compartecipe.

Al contratto perciò può essere riconosciuto un effetto obbligatorio e l’acquirente pur acquisendo una immediata facoltà di godimento della porzioni del bene cedutogli o del bene di cui gli è stata ceduta la quota ideale e pur rientrando tra i soggetti che potranno partecipare alla divisione non potrà dirsi un sostituto dell’originario comunista.

Avv. Elisa Bustreo


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