ANCORA SULLA DELICATA QUESTIONE RIGUARDANTE IL DIRITTO DEI CANI DI ABBAIARE

Cane che abbaia in continuazione? 

Corte di Cassazione, terza sezione penale, sentenza n. 5800 del 2019

La Corte di Cassazione, terza sezione penale, con la sentenza n. 5800 del 2019 è intervenuta per dirimere una questione alquanto delicata riguardante il diritto dei cani ad abbaiare.

Nello specifico, la Corte d’Appello in riforma della pronuncia emessa dal giudice di prime cure aveva concesso all’imputato la sospensione condizionale della pena di un mese di arresto, allo stesso comminata in riferimento all’articolo 659 del codice penale, il quale dispone:

“Chiunque, mediante schiamazzi o rumori, ovvero abusando di strumenti sonori o di segnalazioni acustiche ovvero suscitando o non impedendo strepiti di animali, disturba le occupazioni o il riposo delle persone, ovvero gli spettacoli, i ritrovi o i trattenimenti pubblici, è punito con l’arresto fino a tre mesi o con l’ammenda fino a 309 euro.

Si applica l’ammenda da 103 euro a 516 euro a chi esercita una professione o un mestiere rumoroso contro le disposizioni della legge o le prescrizioni dell’Autorità”.

L’imputato era proprietario di un cane che era solito abbaiare a tutte le ore del giorno e della notte, come riferito da alcuni testimoni, residenti nelle immediate vicinanze, i quali diverse volte avevano chiamato le forze dell’ordine al fine di far cessare la condotta dell’animale.

Gli Ermellini intervenuti sulla questione hanno dichiarato infondato il ricorso proposto dall’uomo in quanto è stato provato un elemento decisivo in fatto, ossia che l’animale dell’imputato fosse solito abbaiare in continuazione arrecando disturbo ai vicini di casa, come la Corte d’appello aveva desunto da diverse deposizioni testimoniali. Inoltre era emerso nel corso del giudizio che proprio gli stessi abitanti della zona avevano chiamato le forze dell’ordine diverse volte proprio a causa dell’incessante abbaiare del cane.

Da ultimo, quale elemento “ad colorandum” la sentenza impugnata aveva evocato un dato di comune esperienza, ossia la notevole “diffusività” nello spazio dell’abbaiare di un cane di grosse dimensioni.

Detto ciò, la Corte di Cassazione ha ritenuto che sia il Tribunale che la Corte d’Appello avessero fatto buon uso del costante principio secondo cui:

“l’affermazione di responsabilità per la fattispecie de qua non implica, attesa la natura di reato di pericolo presunto, la prova dell’effettivo disturbo di più persone, essendo sufficiente l’idoneità della condotta a disturbarne un numero indeterminato”

e del principio in base al quale:

“l’attitudine dei rumori ad arrecare pregiudizio al riposo od alle occupazioni delle persone non va necessariamente accertata mediante perizia o consulenza tecnica, di tal ché il giudice ben può fondare il proprio convincimento su elementi probatori di diversa natura, quali le dichiarazioni di coloro che sono in grado di riferire le caratteristiche e gli effetti dei rumori percepiti, sì che risulti oggettivamente superata la soglia della normale tollerabilità”.

Quindi, gli Ermellini pronunciatisi su un ricorso avverso la pronuncia di secondo grado che aveva confermato la sentenza del giudice di prime cure che aveva ritenuto responsabile del reato ex art. 659 c.p. il proprietario di un cane che aveva arrecato disturbo al vicinato con il suo incessante abbaiare, hanno affermato che è sufficiente l’idoneità della condotta a disturbare un numero indeterminato di soggetto al fine di integrare il reato in questione.

Dott.ssa Benedetta Cacace


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