INGRATITUDINE E REVOCA DELLA DONAZIONE

Ingratitudine e revoca della donazione: quali presupposti?

La Corte di Cassazione, seconda sezione civile, con la sentenza n. 23077 del 2018 si è occupata di tale delicata situazione.

Nel caso di specie, l’attrice aveva chiamato in causa il nipote, quale beneficiario della donazione da questa effettuata alcuni anni prima, al fine di vederla revocare per ingratitudine, in quanto questo negli ultimi anni aveva adottato un comportamento scorretto con lei e con gli altri membri della sua famiglia, sottraendo beni in suo possesso e compiendo azioni alquanto discutibili moralmente.

La Corte di Cassazione, investita della questione ha specificato che il grave pregiudizio al patrimonio del donante dolosamente arrecato dal donatario, richiesto dall’ art. 801 c.c., comepresupposto necessario per la revocabilità di una donazione per ingratitudine, deve essere causato dal beneficiario con il deliberato proposito di danneggiare il donante e tenendosi anche conto della situazione economica di quest’ultimo.

In ogni caso deve trattarsi di comportamenti nascenti esclusivamente dall’animosità e dall’avversione nutrite dal donatario avverso il donante, pertanto non può ravvisarsi il deliberato proposito di danneggiare il donante stesso in presenza di legittime iniziative costituenti esercizio del diritto di proprietà del donatario sul bene donato o mezzi di tutela del suo patrimonio.

L’esercizio di un diritto del donatario non può costituire la causa di un grave pregiudizio al patrimonio del donante dolosamente arrecato se non quando il donatario se ne serva per conseguire non già il risultato ottenibile con l’esercizio del diritto, ma vantaggi ingiusti, ispirati solamente dall’animosità e dall’avversione maturate avverso il donante.

Vedi anche

Per quanto concerne l’ingiuria grave, distinto presupposto ai finidella revocazione per ingratitudine in base all’ art. 801 c.c., si discosta dalle previsioni degli artt. 594 e art. 595 c.p. e consiste in un comportamento suscettibile di ledere in modo rilevante il patrimonio morale del donante ed espressivo di un reale sentimento di avversione da parte del donatario, tale da ripugnare alla coscienza collettiva, il cui apprezzamento è peraltro riservato alla valutazione del giudice del merito.

Dott.ssa Benedetta Cacace


VUOI RIMANERE SEMPRE AGGIORNATO? ISCRIVITI ALLA NEWSLETTER