INSINUAZIONE AL PASSIVO DEGLI EREDI: QUALE TERMINE DEVE ESSERE OSSERVATO?

Termine per l’insinuazione al fallimento per gli eredi

Corte di Cassazione, prima sezione civile, sentenza n. 21661 del 2018

La Corte di Cassazione, prima sezione civile, con la sentenza in commento ha chiarito che gli eredi del de cuius non hanno diritto all’assegnazione di un nuovo termine per l’ammissione al passivo, nel caso in cui l’originario creditore non la aveva richiesta a prescindere dalla maturazione del diritto antecedentemente al fallimento.

Nel caso di specie, gli eredi di un uomo avevano chiesto l’ammissione al passivo del fallimento della società per la quale il de cuius lavorava in relazione al credito da questo maturato a titolo di TFR.

Questi, avevano depositato la loro domanda oltre un anno dopo il deposito del decreto di esecutività dello stato passivo, e per tali ragioni il giudice di primo grado aveva respinto la loro domanda.

Gli Ermellini, intervenuti nella vicenda hanno evidenziato che la domanda di insinuazione al passivo, proposta dai ricorrenti era ultratardiva, ex art. 101, comma 4 della legge fallimentare, essendo già spirato il termine annuale previsto dal primo comma dell’art. 101 legge fall. Per l’insinuazione tardiva, tenendo anche conto della sospensione feriale e del periodo di malattia del de cuius.

Il primo comma dell’art. 101 della legge fallimentare prevede che:

“Le domande di ammissione al passivo di un credito, di restituzione o rivendicazione di beni mobili e immobili, trasmesse al curatore oltre il termine di trenta giorni prima dell’udienza fissata per la verifica del passivo e non oltre quello di dodici mesi dal deposito del decreto di esecutività dello stato passivo sono considerate tardive; in caso di particolare complessità della procedura, il tribunale, con la sentenza che dichiara il fallimento, può prorogare quest’ultimo termine fino a diciotto mesi”.

La valutazione della non imputabilità della causa del ritardo nella presentazione della domanda di insinuazione al passivo non può intendersi come semplice mancanza di colpa, ma deve basarsi su elementi oggettivi ed estranei al creditore.

Detto ciò si evince che, essendo il termine finale per la proposizione delle domande tardive disposto dalla legge a pena di decadenza, il suo decorso genera una presunzione di inammissibilità della domanda, essendo onere del creditore superare la presunzione, dimostrando che il ritardo sia dipeso da una causa a lui non imputabile.

Dott.ssa Benedetta Cacace


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