IL REGOLAMENTO CONDOMINIALE PUÒ VIETARE L’APERTURA DI ESERCIZI COMMERCIALI NELLO STABILE?

Regolamento condominiale e regolamentazione delle attività commerciali

Corte di Cassazione, seconda sezione civile, sentenza n. 129 del 2019

La domanda che ci si pone con la sentenza in commento è se il regolamento condominiale possa vietare che all’interno del condominio siano aperti determinati esercizi commerciali.

Nello specifico l’attore aveva adito il Tribunale di primo grado al fine di far cessare un’attività commerciale, in quanto nel regolamento condominiale era stato adibito a locale ristorante un solo fabbricato, mentre il convenuto aveva adibito anche il fabbricato adiacente alla medesima attività.

Il tribunale aveva accolto le doglianze attoree, rilevando l’esistenza nel regolamento condominiale di una clausola volta a limitare lo svolgimento di attività di ristorazione ad una sola unità immobiliare, condannando il convenuto all’immediata cessazione dell’attività di ristorazione estesasi nell’adiacente unità immobiliare, e alla contestuale rimozione di tutta l’attrezzatura.

Intervenuta sul punto la Corte d’Appello aveva confermato quanto statuito in primo grado.

La Corte di Cassazione, nel rigettare il ricorso sottolinea che nella sentenza di primo grado non poteva configurarsi alcun rigetto implicito di una autonoma domanda fondata sulla violazione dell’accordo originariamente concluso tra le parti, fondando come il primo giudice, l’accoglimento della domanda di cessazione dell’attività di ristorazione sulla disposizione del regolamento condominiale, sostenendo che in forza di tale disposizione l’attività commerciale doveva ritenersi consentita solamente in una sola unità immobiliare ben specifica.

L’ interpretazione della corte territoriale pertanto è conforme conforme non solamente al significato letterale del regolamento condominiale, ma anche al principio di conservazione del contratto, disciplinato dall’art. 1367 del codice civile ed alla conformità alla natura ed oggetto del regolamento condominiale ex art. 1369 codice civile, che esprimeva la comune intenzione dei contraenti di limitare l’esercizio di attività quale quella di ristorazione.

L’articolo 1367 c.c. dispone che:

“Nel dubbio, il contratto o le singole clausole devono interpretarsi nel senso in cui possono avere qualche effetto, anziché in quello secondo cui non ne avrebbero alcuno”.

Invece l’articolo 1369 prevede quanto segue:

“Le espressioni che possono avere più sensi devono, nel dubbio, essere intese nel senso più conveniente alla natura e all’oggetto del contratto”.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

La Corte di Cassazione, seconda sezione civile, con la sentenza n. 129 del 2019 ha quindi chiarito che è conforme al principio di conservazione del contratto ed alla natura ed oggetto del regolamento condominiale, la clausola che vieta la destinazione di alcune unità immobiliari ad attività di ristorazione.

Dott.ssa Benedetta Cacace


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