Il lavoro straordinario

In che cosa consiste il lavoro straordinario?

Per lavoro straordinario, stando all’articolo 2108 c.c., si deve considerare quello che eccede l’orario normale e proprio come il lavoro ordinario si configura come attività inserita nel tessuto organizzativo dell’azienda e soggetta alle direttive del datore di lavoro

La prestazione lavorativa non può andare al di là di quanto non sia ragionevolmente possibile pretendere, nell’arco di una giornata, di una settimana o di un anno da un uomo; inoltre subisce ulteriori limitazioni quando nell’arco della vita lavorativa si presentano degli avvenimenti che impediscono al lavoratore di espletare la sua prestazione, come la malattia o un avvenimento riguardante la sua famiglia.

Deve sussistere un equo contemperamento degli interessi perché anche se non è impossibile svolgere il proprio lavoro essendo malati o lavorare per 24 ore, vi deve essere un limite alla durata delle ore lavorative giornaliere, a prescindere da una esplicita contrattazione ad hoc. Tale materia nel nostro ordinamento è disciplinata da norme costituzionali, legislative e regolamentari, che contemperano gli interessi sia del debitore che del creditore. L’articolo 2107 del codice civile, stabilisce che le fonti inerenti ai riposi settimanali e giornalieri, sono «le leggi speciali o le norme corporative»: dove il riferimento alle «norme corporative» deve essere interpretato come un rinvio alla contrattazione collettiva. La nozione di «orario normale» che ritroviamo nel codice non può identificarsi con l’estensione massima della prestazione stabilita nel contratto di lavoro individuale; altrimenti in questa definizione verrebbero ricompresi tutti i possibili orari pattuiti dai singoli lavoratori individualmente.

Storicamente invece bisogna identificare tale nozione con il concetto di «orario di lavoro a tempo pieno» stabilito dalla legge o dalla contrattazione collettiva per un settore di attività. Nel 1997 l’obbiettivo del nostro legislatore è quello di abbassare a 35 le ore di lavoro settimanali, distraendosi così dall’adeguarsi alla direttiva 104/93, finendo per attuarla in maniera imperfetta e parziale. L’adempimento è parziale perché limitato alla durata della prestazione, ed è imperfetto perché non viene abbassato il limite massimo di ore di lavoro straordinario settimanale, che eccede di 4 ore il limite stabilito dalla direttiva. In forza del contratto il lavoratore non è solamente tenuto alla prestazione in esso contenuta, ma anche agli obblighi di preparazione dell’adempimento e all’obbligo di reperibilità.

Per lavoro straordinario, stando all’articolo 2108 c.c., si deve considerare quello che eccede l’orario normale e proprio come il lavoro ordinario si configura come attività inserita nel tessuto organizzativo dell’azienda e soggetta alle direttive del datore di lavoro. Negli anni ’50 hanno iniziato a manifestarsi dei problemi in riferimento alla nozione di orario straordinario, quando la normale durata di una giornata o di una settimana lavorativa, prevista dalla contrattazione collettiva, ha iniziato a non coinciderà più con il limite stabilito dalla legge. In alcuni settori lavorativi la contrattazione collettiva ha diminuito l’orario al di sotto del limite previsto dalla legge: deve considerarsi straordinario solamente il lavoro che eccede le 8 ore giornaliere e le 48 ore settimanali, o anche quello che eccede l’orario normale stabilito dal contratto? La giurisprudenza aderisce alla seconda tesi.

L’art. 2, della legge 28 dicembre 1995 n. 54 statuisce: «si considera lavoro straordinario per tutti i lavoratori, ad eccezione del personale che svolge funzioni direttive: a) quello che eccede le quaranta ore nel caso di regime di orario normale; b) quello che eccede la media di quaranta ore settimanali nel caso di regime di orario plurisettimanale previsto dai contratti collettivi nazionali». La legge n.196/1997 qualifica il lavoro straordinario tutto il lavoro che eccede le quaranta ore settimanali.  Il decreto-legge 29 settembre 1998 n.335, convertito in legge con alcune modificazioni dalla legge 27 novembre 1998 n.409, viene adottato per placare le proteste degli imprenditori per la limitazione da parte della contrattazione collettiva di una pattuizione di un orario normale elastico. Viene sostituito l’articolo 5-bis e si stabilisce che il limite settimanale al di là del quale la prestazione lavorativa deve essere considerata straordinaria è ridotto a 45 ore. La Cassazione considera invece il lavoro straordinario soltanto il lavoro che eccede il limite normale di orario stabilito dalla legge, lasciando alla contrattazione collettiva la libertà di come regolamentare il lavoro compreso fra il limite contrattuale e quello legale. Stando a quanto previsto dagli accordi collettivi, alla richiesta del datore di lavoro, il lavoratore può, per giustificato motivo, sottrarsi al lavoro straordinario. La maggiorazione minima retributiva prevista per lo straordinario è del 10 per cento, in riferimento alla retribuzione oraria ordinaria o al guadagno di cottimo che si è realizzato durante lo straordinario. Successivamente all’intervento del legislatore del 1998, l’aumento della retribuzione minima si applica solamente per il lavoro che eccede il limite massimo di orario normale previsto dalla legislazione.

Dott.ssa  Benedetta Cacace