GOOGLE HANGOUTS – INGIURIA


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Può essere considerato diffamazione, l’insulto proferito tramite l’applicazione “Google Hangouts”?

Hangouts è un’applicazione che permettere usufruire di un servizio di messaggistica (molto simile al programma “Whatsapp), tramite il quale è possibile effettuare anche videochiamate sia da computer sia da telefonino.

Questo programma è diventato particolarmente famoso a causa della crisi emergenziale dovuta al virus Covid 19, infatti durante le restrizioni, la videochat è il modo virtuale per incontrarsi e mantenere i rapporti sociali.

Non in tutti i casi tale applicazione viene utilizzata per conversazioni amichevoli, anzi, per alcuni sembra proprio un modo per proferire “giudizi lesivi della reputazione” altrui, come avvenuto recentemente nella vicenda sottomessa al giudizio della Corte di Cassazione con la sentenza n. 10905 del 25 febbraio 2020.

Un uomo, leso dagli epiteti proferiti dal fratello, sia in alcuni commenti presenti nel profilo Facebook, sia durante una videochatavvenuta tramite il portale di Google Hangouts (a cui partecipavano alcuni amici), si rivolge al Tribunale di Monza.

Il giudice di primo grado condanna il fratello dell’uomo alla pena di € 600,00 di multa, per il reato di diffamazione previsto all’art. 595 c.p..

Di tale avviso è anche dal giudice di secondo grado infatti la Corte d’Appello conferma la condanna per aver offeso l’uomo poiché egli ha pubblicato delle frasi contenenti qualificazioni e parole spregiative contro il proprio fratello.

Contro tale sentenza viene proposto ricorso alla Corte di Cassazione, chiedendo la

“violazione di legge in relazione all’art. 595 c.p. per aver ritenuto sussistente il reato di diffamazione, anziché la fattispecie di ingiuria.

La Suprema Corte accoglie le doglianze del ricorrente, spiegando che le frasi offensive sono state proferite attraverso una chatvocale

diversa dalle altre piattaforme digitali, che sono “ leggibili” anche da più persone; in tal caso il destinatario dei messaggi era solo la persona offesa e la video chat aveva carattere temporaneo”.


Nel secondo motivo dedotto inoltre, si specifica che i terzi in ascolto hanno potuto udire ciò che è stato detto solo in un momento successivo, tramite la piattaforma youtube (dov’è stata caricata la registrazione della conversazione).

La Corte di Cassazione dunque annulla la sentenza impugnata poiché il fatto deve essere riqualificato, infatti l’offeso in questo caso, ha possibilità di rispondere a chi esterna le offese, anche se alla presenza di altre persone.

Alla luce di ciò, gli Ermellini chiariscono che il reato in esame non è quello individuato dai due precedenti gradi di giudizio, cioè la diffamazione ai sensi dell’art. 595 c.p., bensì ingiuria aggravata posta all’interno del codice penale all’art. 594 ultimo comma (ora depenalizzata).

Dott.ssa Sarah Longo

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