.. E SE IL CLIENTE TRATTIENE LE SOMME VERSATE DALL’ASSICURAZIONE COME SPESE LEGALI?

Commette reato il cliente che vedendosi liquidare una somma di denaro dalla compagnia assicuratrice, quali spese legali, non versi queste ultime a favore del proprio difensore?

Corte di Cassazione, seconda sezione penale, sentenza n. 27829 del 2019

Nel caso di specie la Corte d’Appello aveva confermato la statuizione del Tribunale di primo grado che aveva condannato al reato di concorso in appropriazione indebita l’imputato per essersi impossessato, ai danni del proprio difensore di fiducia, di una somma di denaro liquidata da una assicurazione e riconducibile alle spese legali del predetto avvocato.

L’articolo 646 del codice penale disciplina il reato di appropriazione indebita e dispone che:

“Chiunque, per procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto, si appropria il denaro o la cosa mobile altrui di cui abbia, a qualsiasi titolo, il possesso, è punito, a querela della persona offesa, con la reclusione fino a tre anni e con la multa fino a 1.032 euro.

Se il fatto è commesso su cose possedute a titolo di deposito necessario, la pena è aumentata”.

Nel ricorrere in Cassazione l’imputato lamenta che le somme liquidate da un’assicurazione in favore del danneggiato sono di sua proprietà in tutte le voci, compresa quella riguardante le spese legali; pertanto la mancata corresponsione all’avvocato del suo onorario costituisce solamente un illecito civile e non configura il reato ex art. 646 c.p.

Il difensore per tale motivo avrebbe azione solamente nei riguardi del cliente e non certo dell’assicurazione.

La Corte di Cassazione, intervenuta per dirimere la controversia ha dichiarato fondato il ricorso, rammentando che, come già più volte chiarito:

“Non integra il delitto di appropriazione indebita la condotta della parte vincitrice di una causa civile che trattenga la somma liquidata in proprio favore dal giudice civile a titolo di refusione delle spese legali, rifiutando di consegnarla al proprio avvocato che la reclami come propria”.

I requisiti giuridici affinché possa ritenersi configurato il reato di appropriazione indebita sono:

  • L’appartenenza dei beni oggetto di appropriazione ad un terzo in virtù di un titolo giuridico;
  • Il possesso legittimo dei beni da parte del terzo;
  • La volontà di interversione del possesso;
  • L’ingiusto profitto.

La ratio sottesa all’art. 646 c.p. è quella di sanzionare penalmente il fatto di chi, avendo l’autonoma disponibilità della res, dia alla medesima una destinazione incompatibile con il titolo e le ragioni che giustificano il possesso della cosa.

Nel caso di specie è pacifico che la somma in questione era stata liquidata direttamente in favore dell’imputato e non del suo legale in quanto parte vincitrice a titolo di spese. Per tale motivo è chiaro che detta somma era di sua esclusiva proprietà e della stessa era libero di dare la destinazione che più riteneva idonea pur essendo tenuto al pagamento della parcella dell’avvocato.

Quindi l’avvocato non poteva vantare alcun diritto sulla somma percepita dal suo cliente, potendo solamente richiedere la somma ritenuta congrua a titolo di parcella per l’opera professionale svolta, direttamente nei confronti del suo cliente.

Detto ciò si evince che la questione in esame ha rilevanza civilistica e non può essere applicato l’art. 646 c.p.

Dott.ssa Benedetta Cacace


VUOI RIMANERE SEMPRE AGGIORNATO? ISCRIVITI ALLA NEWSLETTER