È ILLEGITTIMO L’AVVISO DI ACCERTAMENTO EMESSO PRIMA DI 60 GIORNI DAL CONTROLLO DELLA GDF

L’avviso di accertamento emesso senza attendere il decorso del termine di 60 giorni previsto dall’art. 12, comma 7, della l. n. 212 del 2000, senza che ricorra una situazione di particolare e motivata urgenza, è illegittimo anche senza pregiudizio per il contribuente

La Sezione Tributaria della Corte di Cassazione ha affermato che l’avviso di accertamento, emesso prima del termine dilatorio di 60 giorni previsto dall’art. 12, comma 7, della l. n. 212 del 2000, quando non ricorra una situazione di particolare e motivata urgenza, è affetto da un vizio intrinseco correlato al corretto iter formativo dell’atto, con conseguente illegittimità dell’atto anche ove il contribuente non abbia subito per effetto di tale violazione alcun concreto pregiudizio.

La norma richiamata prevede infatti che, sulla base del principio di cooperazione tra amministrazione e contribuente, dopo il rilascio della copia del processo verbale di chiusura delle operazioni da parte degli organi di controllo, il contribuente possa comunicare entro 60 giorni osservazioni e richieste che sono valutate dagli uffici impositori. L’avviso di accertamento deve rispettare il decorso di tale termine, salvo casi di particolare e motivata urgenza.

La sentenza in questione è la n. 23670 del 1° ottobre 2018, emessa all’esito di tre distinti ricorsi con cui due società di fornitura di energia elettrica chiedevano la cassazione della sentenza n. 49/01/10 del 25 ottobre 2010, con cui la Commissione Tributaria di II grado di Trento, a conferma della prima decisione, aveva ritenuto legittimi gli avvisi di liquidazione ad essa notificati per maggiore imposta di registro, ipotecaria e catastale 2005.

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Oltre a diversi motivi di ricorso presentati e dichiarati assorbiti, due concernono la violazione e falsa applicazione degli articoli 12, co.7^, legge 212/00, per avere la CTR respinto l’eccezione di nullità dell’avviso di liquidazione, nonostante che quest’ultimo non fosse stato notificato nel rispetto di 60 giorni dalla notificazione del processo verbale di constatazione, con conseguente violazione del contraddittorio preventivo. Né tale nullità era esclusa dalla motivazione (meramente apparente) di tale mancato rispetto (imminente decadenza dell’ufficio dal potere impositivo), non costituendo, quest’ultima, un’ipotesi legittimante di ‘particolare’ ed ‘imprevedibile’ urgenza.

La Suprema Corte ha ritenuto tale censura fondata.

Invero, sulla base dell’art.12 della L. 212/2000 (Diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali), primo comma,

Tutti gli accessi, ispezioni e verifiche fiscali nei locali destinati all’esercizio di attività commerciali, industriali, agricole, artistiche o professionali sono effettuati sulla base di esigenze effettive di indagine e controllo sul luogo (…)“.

Inoltre, si stabilisce al comma 7 che:

Nel rispetto del principio di cooperazione tra amministrazione e contribuente, dopo il rilascio della copia del processo verbale di chiusura delle operazioni da parte degli organi di controllo, il contribuente può comunicare entro sessanta giorni osservazioni e richieste che sono valutate dagli uffici impositori. L’avviso di accertamento non può essere emanato prima della scadenza del predetto termine, salvo casi di particolare e motivata urgenza (…)“.

I giudici osservano che

L’inderogabilità della prescrizione di contraddittorio preventivo, nelle ipotesi di accesso e verifica fiscale presso i locali di operatività del contribuente, è stata più volte ribadita dall’indirizzo interpretativo di legittimità, il quale ne ha anche individuato (SSUU 24823/15) la correlazione finalistica con la “peculiarità stessa di tali verifiche, in quanto caratterizzate dall’autoritativa intromissione dell’Amministrazione nei luoghi di pertinenza del contribuente alla diretta ricerca, quivi, di elementi valutativi a lui sfavorevoli“.

Invero, la previsione legislativa di contraddittorio preventivo si pone quale

“controbilanciamento mirante allo scopo di correggere, adeguare e chiarire (…) gli elementi acquisiti presso i locali aziendali

nell’interesse del contribuente stesso e dell’amministrazione finanziaria allo

svolgimento dell’attività accertativa secondo modalità di massima consapevolezza, completezza e – pertanto – efficienza”.

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Gli effetti dell’inosservanza del contraddittorio

Tra i problemi che derivano da tale assunto vi è quello degli effetti dell’emanazione di un avviso di accertamento prima del decorso dei 60 giorni (dal rilascio di copia del processo verbale di chiusura delle operazioni) entro i quali il contribuente che ha subito l’accesso è ammesso a comunicare all’ufficio impositore osservazioni e richieste.

L’orientamento ormai consolidato della Corte sul punto enuncia la radicale illegittimità sostanziale dell’avviso, in quanto

detto termine è posto a garanzia del pieno dispiegarsi del contraddittorio procedimentale, il quale costituisce primaria espressione dei principi, di derivazione costituzionale, di collaborazione e buona fede tra amministrazione e contribuente ed è diretto al migliore e più efficace esercizio della potestà impositiva” (SS.UU. 18184/13).

In diverse occasioni (ex plurimis Cass. 8749/18, Cass. 20475/16) la Corte ha evidenziato che

l’illegittimità dell’avviso, in tal caso, discende dalla irrimediabile compromissione della situazione giuridica del contribuente, venendo in rilievo interessi di natura sostanziale che non possono evidentemente essere recuperati ‘ex post’, rimanendo preclusa ogni loro soddisfazione con l’emanazione del provvedimento finale“.

Pertanto,

la preminenza degli interessi protetti con il contraddittorio in oggetto esclude, dunque, che la sua violazione possa successivamente trovare sanatoria di sorta; pur a fronte del diritto del contribuente, sempre garantito, di far valere le proprie ragioni in sede tanto di autotutela quanto di ricorso giurisdizionale”.

Le cause di “particolare e motivata urgenza” che giustificano la notifica ante tempus

Anche su tale questione sussiste un indirizzo parimenti consolidato, in base al quale

la ‘particolare’ situazione legittimante la mancata osservanza del termine deve concernere elementi di fatto non soltanto cogenti ed insuperabili, ma anche estranei alla sfera di azione, organizzazione e responsabilità dell’amministrazione finanziaria che procede alla verifica; pena, altrimenti, lo svuotamento sostanziale dell’obbligo di contraddittorio sancito in via generale (in correlazione con l’espletamento di verifiche ed ispezioni mediante accesso) dallo statuto del contribuente”.

Ad esempio,

Cass. nn. 5149/16 e 17202/17 hanno chiarito che le ragioni di mancata osservanza del contraddittorio preventivo non possono in alcun modo essere individuate nell’imminente scadenza del termine decadenziale dell’azione accertativa“.

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Con la sentenza in esame, la Quinta Sezione accerta la dedotta violazione e falsa applicazione dell’art. 12, comma 7, L. 212/2000.

Invero, la violazione del contraddittorio preventivo costituisce, in definitiva,

insuperabile causa invalidante gli avvisi dedotti in giudizio”, “avvisi che, per quanto formalmente recanti la mera riliquidazione dell’imposta di registro ed ipocatastale in misura proporzionale, sono pacificamente segnati da un contenuto sostanziale di natura accertativa e rettificativa; insito proprio nell’emersione di un intento elusivo, e nella conseguente attribuzione all’articolazione negoziale in oggetto di una qualificazione giuridica difforme da quella dichiarata dalle parti”.

È pertanto pacifico che tali avvisi abbiano

avuto ad oggetto atti negoziali posti da tempo a conoscenza dell’amministrazione finanziaria, perché regolarmente presentati alla registrazione nei termini di legge

e che siano stati emessi a seguito e per effetto di verifica operata dalla Guardia di Finanza, inizialmente mirata all’accertamento di imposte dirette ed Iva, ma successivamente orientata (art.53 bis d.P.R. 131/86) all’individuazione delle maggiori imposte di registro ed ipocatastali sull’operazione dedotta in giudizio, riqualificata come cessione di ramo aziendale.

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Inoltre, gli stessi sono stati notificati soltanto cinque giorni dopo la notifica del verbale di chiusura delle operazioni di verifica, con totale elisione del termine di 60 giorni posto a garanzia del contraddittorio preventivo.

Infine, gli avvisi non sono stati assistiti dalla motivata indicazione di alcun fatto concreto idoneo a giustificarne l’emissione prima del tempo (l’amministrazione si era limitata ad indicare, come causa di particolare urgenza, quella di evitare la decadenza triennale dall’imposizione ex art.76, co.2^, d.P.R. 131/86).

Per tali ragioni, sussistendo i presupposti per la decisione nel merito ex art. 384 c.p.c., la Suprema Corte accoglie i ricorsi e annulla gli avvisi di accertamento opposti.

Avv. Silvia Zazzarini


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