Cedu e misure preventive

La Corte Europea dei diritti umani, con la sentenza n. 43385/09 del 12 febbraio 2017 ha previsto che le misure di prevenzione possono essere applicato, solamente a condizione che la legge ne fissi i presupposti in modo chiaro, così da garantirne la prevedibilità.

La vicenda:

Un cittadino italiano, sottoposto alla misura della sorveglianza speciale, con obbligo di dimora nel proprio comune di residenza, ai sensi dell’allora vigente l.n. 1423/56, articolo 1, nn. 1 e 2 (oggi articoli 4 e 1 lettera a) e b) del d.lgs. n. 159/2011), era accusato di traffico di droga, evasione e possesso illegale di armi.

Il soggetto interessato nel difendersi sosteneva di essere stato vittima di un errore di identità e di avere dei precedenti penali risalenti rispetto a quelli attribuitigli, ma nonostante ciò il Tribunale di Bari gli aveva applicato comunque la misura di sicurezza per una durata di due anni, ritenendo che costui avesse la tendenza a delinquere e fosse pericoloso.

L’appello proposto contro il provvedimento del Tribunale comportava l’annullamento della misura di prevenzione, con efficacia ex tunc. I giudici di secondo grado ritenevano che non vi fossero le prove della pericolosità  al momento della decisione di primo grado, dato che le attività illecite a lui ascrivibili risalivano a cinque anni prima.

Attraverso il ricorso alla Cedu, il soggetto lamentava la violazione del principio di legalità della restrizione della libertà personale e del diritto alla libera circolazione nel territorio, ai sensi dell’articolo 5 della Convenzione Europea; il diritto alla libertà di movimento, la violazione del diritto ad un equo processo e la violazione del diritto ad un ricorso effettivo.

La decisione:

La Grande Cameraescludeva che vi fosse stata la violazione dell’articolo 5, sottolineando come gli obblighi relativi alle misure di prevenzione non si traducono in una privazione della libertà ai sensi dell’articolo 5 della Convenzione, ma in semplici limitazioni alla libertà di movimento, così da rilevare ai sensi dell’articolo2, del protocollo n. 4.

Ogni misura restrittiva della libertà di movimento deve essere prevista dalla legge; essa non solo deve avere una base legale nel diritto interno, ma deve essere accessibile ai cittadini e prevedibile nei suoi effetti.

I criteri da utilizzare al fine di valutare la necessità di una misura di sicurezza, devono essere affidati, nell’ordinamento interno, ad una valutazione prospettica dei tribunali nazionali.

Nel caso di specie, il Tribunale competente ad applicare la misura di prevenzione, aveva invocato l’esistenza di una tendenza criminale del soggetto, senza agganciarla ad uno specifico comportamento ma limitandosi ad osservare che il ricorrente non aveva un lavoro stabile.

Pertanto la Cedu riteneva che la legge in materia di misure di prevenzione, non fornisse una definizione chiara riguardo alla portata e alle modalità di esercizio della discrezionalità conferita ai giudici nazionali, e perciò non fosse formulata in maniera tale da prevenire interferenze arbitrarie.

La Corte in quel caso riconosceva come equa soddisfazione ex articolo 41, la somma di 5.000 euro per il danno non patrimoniale e di 11.525 euro per i costi e le spese sostenute, condannando l’Italia alla compensazione delle spese.

Dott.ssa Benedetta Cacace