Il caso Diaz: Italia condannata per atti di tortura

La Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, sez. I, con la sentenza del 22 giugno 2017 condanna l’Italia per atti di tortura

La vicenda:

A Genova, il 19, 20 e 21 luglio 2001 si svolse il ventiseiesimo summit del G8, e nella notte tra il 21 e il 22 luglio, alcuni membri del VII nucleo antisommossa della polizia fecero un’irruzione all’interno della scuola Diaz-Pertini minacciando e picchiando con pugni, calci e manganelli gli occupanti.

Successivamente a quanto accaduto, la Procura della Repubblica di Genova aprì un’indagine e dopo tre anni furono rinviate a giudizio ventotto persone.

Mancando il reato di tortura nel nostro ordinamento, i capi di accusa furono: falso ideologico, abuso di ufficio, calunnia semplice e aggravata, lesioni personali semplici e aggravate e porto abusivo di armi da guerra.

Il Tribunale di Genova, con la sentenza n. 4252/08 dell’11/02/2009 condannò gli imputati a pene dai due ai quattro anni di reclusione.

La Sentenza n. 1530/10 della Corte d’Appello di Genova riformò in parte la sentenza impugnata, condannando gli imputate comprese tra i tre anni e gli otto mesi di reclusione, e all’interdizione dai pubblici uffici per un periodo di cinque anni.

Tutti i condannati, in applicazione della l. n. 241 del 29/07/2006, beneficiarono di un indulto di tre anni e, essendo trascorso il termine di prescrizione, la Corte pronunciò il non doversi procedere per i reati di calunnia aggravata, abuso d’ufficio per arresto illegale degli occupanti della scuola e di lesioni semplici.

Nell’ottobre 2012, la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 38085/12, sottolineò come le violenze oggetto del giudizio fossero da definirsi “tortura” in base alla Convenzione ONU o ai sensi dell’articolo 3 della CEDU ma, non essendoci una normativa ad hoc nel nostro ordinamento, le violenze in esame erano state perseguite come delitti di lesioni personali semplici o aggravate, e di conseguenza confermava la sentenza della Corte d’Appello dichiarando inoltre prescritto anche il diritto di lesioni personali aggravate.

La pronuncia:

La Corte di Strasburgo, ribadisce quanto già da essa stabilito nel 2015:

“L’articolo 3 della CEDU sancisce uno dei valori fondamentali delle società democratiche, è un assoluto e inalienabile diritto strettamente legato al rispetto della dignità umana che non prevede restrizioni e, ai sensi dell’articolo 15, comma 2, non subisce alcuna deroga… Il trattamento subito dai ricorrenti all’interno della scuola Diaz – Pertini dovrebbe essere considerato tortura”.

Conseguentemente si è verificata una violazione dell’articolo 3 della Convenzione, nel suo aspetto sostanziale e data l’inadeguatezza della normativa italiana in merito alla punizione del reato di tortura, vi è anche la violazione del medesimo articolo nel suo aspetto procedurale.

Il divieto di tortura è oggetto della Convenzione contro la tortura e altre pene o trattamenti crudeli, inumani o degradanti, conclusa a New York il 10/12/1984, ratificata dal nostro Paese nel 1989.

Tuttavia l’Italia oggigiorno non ha una normativa ad hoc per gli atti tortura, in violazione agli articoli 4 e 7 della Convenzione.

La CEDU pertanto ha condannato per la seconda volta l’Italia, in quanto la tortura costituisce un aspetto patologico della mancanza di democrazia e si sviluppa dove non ci sono le garanzie istituzionali processuali che sono espressione della democrazia.

Dott.ssa Benedetta Cacace