CANE PRIVO DI MICROCHIP

È reato appropriarsi di un cane altrui?

La Corte di Cassazione, sez. II Penale, con la sentenza n. 11700 del 28 febbraio 2012 ha disposto che trovare un cane di proprietà ma privo di microchip ed appropriarsene non costituisce reato

Un uomo era stato condannato a pagare una multa di 1.200 euro per il reato di appropriazione indebita di un cane smarrito, ex art. 647 c.p., con sentenza del Giudice di Pace di Varazze del 6 aprile 2009, confermata dal Tribunale di Savona con sentenza del 6 dicembre 2010. In seguito ricorre in cassazione contro tale decisione, richiamando l’art. 606 lett. b), c) ed e) c.p.p., deduce tre ragioni di doglianza:

  1. Inammissibilità della prova testimoniale dedotta dalla persona offesa prima della sua costituzione di parte civile e illegittimità del rigetto della sua richiesta di acquisire il certificato di iscrizione dell’animale all’anagrafe canina, onde accertarne la proprietà;
  2. Insussistenza del reato come contestato per non potersi configurare il cane come una cosa smarrita in ogni caso non vi erano prove certe che il cane avesse un proprietario;
  3. Insussistenza dell’elemento psicologico del reato

Decisione della Corte di Cassazione:

Il secondo motivo di ricorso con il quale si contesta la sussistenza dell’elemento psicologico è fondato. Infatti il Collegio ritiene che, nella specie, difetta il dolo del delitto come contestato, e ciò per le ragioni seguenti:

  • L’animale non aveva alcun segno di riconoscimento pertanto, è del tutto ragionevole pensare che l’inventore non avesse la consapevolezza di aver rinvenuto un animale di proprietà altrui, e quindi smarrito, ben potendo pensare di aver rinvenuto un cane randagio;
  • L’animale, non era stato rinvenuto dall’imputato ma da un altro soggetto;
  • L’imputato era venuto in possesso dell’animale in quanto consegnatogli da chi lo aveva trovato, conoscendolo come un amante degli animali, e pertanto glielo aveva affidato per accudirlo, ed infatti lo fece microchippare ed iscrivere all’anagrafe canina regionale, e solamente alcuni mesi dopo la parte offesa né reclamò la proprietà.

È evidente la buona fede dell’imputato che deve essere assolto per il delitto a lui ascritto in quanto il fatto non costituisce reato.

Dott.ssa Benedetta Cacace


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