AUTOVELOX: DISTANZA DEL CARTELLO CHE NE INDICA LA PRESENZA

NON DEVE ESSERE RISPETTATA LA DISTANZA DI 1 KM TRA LA SEGNALETICA STRADALE ED IL DISPOSITIVO DI RILEVAZIONE DELLA VELOCITÀ IN CASO DI AUTOVELOX MOBILE

Ai sensi dell’art. 142 del Codice della Strada, comma da 7 a 10:

Chiunque non osserva i limiti minimi di velocità, ovvero supera i limiti massimi di velocità di non oltre 10 km/h, è soggetto alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 42 ad euro 173. Chiunque supera di oltre 10 km/h e di non oltre 40 km/h i limiti massimi di velocità è soggetto alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 173 ad euro 694. Chiunque supera di oltre 40 km/h ma di non oltre 60 km/h i limiti massimi di velocità è soggetto alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 543 ad euro 2.170. Dalla violazione consegue la sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida da uno a tre mesi. Chiunque supera di oltre 60 km/h i limiti massimi di velocità è soggetto alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 845 ad euro 3.382. Dalla violazione consegue la sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida da sei a dodici mesi, ai sensi delle norme di cui al capo I, sezione II, del titolo VI. Chiunque viola le disposizioni di cui al comma 4 è soggetto alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 26 ad euro 102.”

Invece, ai sensi del II comma dell’art 25 della legge 120/2010:

..omissis..modalità di collocazione e uso dei dispositivi o mezzi tecnici  di  controllo, finalizzati al rilevamento a distanza delle violazioni delle norme di comportamento di cui all’articolo 142 del decreto legislativo n.  285 del 1992, che fuori dei centri abitati non possono comunque essere utilizzati o installati ad una distanza inferiore  ad  un  chilometro dal segnale che impone il limite di velocità”.

Dunque la norma impone la distanza di almeno 1 KM tra il segnale stradale indicante la presenza di autovelox ed il dispositivo.

Tuttavia, la recente ordinanza della Corte di Cassazione n. 26959 del 14.09.2022, ha ribadito che il dispositivo in argomento,

si riferisce soltanto ai casi in cui i suddetti dispositivi sono finalizzati al controllo remoto delle prescritte violazioni, ragione per cui non riguarda i casi in cui l’accertamento dell’illecito viene eseguito con l’ausilio di apparecchi elettronici mobili presidiati dagli agenti di polizia stradale, la cui distanza in tale specifica ipotesi deve essere soltanto “adeguata” non essendo prefissata normativamente.”

In particolare, nella fattispecie sottesa alla pronuncia in esame, accadeva che la Magistratura in seconda istanza, avesse accolto l’appello del Comune che aveva rigettato l’opposizione proposta da un cittadino avverso il verbale, con il quale la Polizia Locale aveva accertato che lo stesso, aveva oltrepassato il limite massimo di velocità stabilito sulla strada extraurbana.

Così l’utente della strada aveva deciso di rivolgersi alla Corte di Cassazione, lamentando la violazione degli artt. 113 e 115 c.p.c., dell’art. 142, comma 6 bis, del codice della strada e del D.P.R. n. 495 del 1992 art. 79, comma 3, nonché dell’art. 7 della Circolare del Ministero dell’Interno del 14/8/2009, n. 300/A/10307/09/144/5/20/3, parte I, in quanto, con la sentenza oggetto di gravame, il Tribunale avrebbe omesso di considerare che la strada ove veniva integrata la sanzionata violazione aveva tutte le caratteristiche di una strada extraurbana principale e che comunque, in caso di classificazione della strada come strada extraurbana secondaria, il verbale impugnato, non conteneva alcuna indicazione del decreto prefettizio previsto dall’art. 4 della L. n. 168 del 2002, che autorizzasse la rilevazione elettronica della velocità.

Il ricorrente eccepiva altresì che il Tribunale aveva inteso la giusta collocazione della segnaletica indicante la postazione di rilevamento della velocità in conformità di legge, senza considerare che tale fatto è stato smentito sia dal Comune nella propria comparsa di costituzione e risposta e nel proprio ricorso in appello, sia dalla documentazione fotografica recante la sottoscrizione del Comandante della Polizia Locale. In particolare tale documentazione dimostrava che la distanza effettiva tra il cartello di presegnalazione e lo strumento di rilevazione, fosse di circa 150 metri e dunque in violazione di legge giacché, essendo la strada classificata come “strada extraurbana principale”, la distanza minima che deve intercorrere tra la segnaletica mobile e l’apparecchiatura di rilevazione dev’essere pari, a norma dell’art. 79, comma 3, del regolamento di esecuzione e di attuazione del codice della strada, a 250 metri.

In seconda battuta il ricorrente lamentava la violazione degli artt. 113, comma 1, 115 e 116 c.p.c. nonché degli artt. 2697 e 2712 c.c. per “omesso esame di una prova documentale dirimente ai fini della decisione”, censurando la sentenza impugnata nella parte in cui il Tribunale aveva omesso di considerare le prove attestanti il fatto che le distanze tra il cartello ed il posto di rilevazione della velocità, non erano state rispettate.

In rigetto del ricorso tuttavia la Corte di Cassazione, ribadendo un principio già espresso in passato, rilevava che

la legittimità delle sanzioni amministrative irrogate per eccesso di velocità, accertato mediante autovelox è subordinata alla circostanza che la presenza della postazione fissa di rilevazione della velocità sia stata preventivamente segnalata” (sul punto anche Cass. n. 2041 del 2019 e Cass. n. 680 del 2011).

Dunque, evidenziava la Corte, se da una parte il legislatore ha previsto l’obbligo di presegnalazione dei dispositivi di rilevamento della velocità, anche al fine di orientare la condotta di guida degli automobilisti (sul punto anche Cass. n. 7419 del 2009 e Cass. n. 15899 del 2016), d’altra parte,

l’art. 25, comma 2, della L. n. 120 del 2010, nel prevedere che i dispositivi ed i mezzi tecnici di controllo finalizzati al rilevamento a distanza delle violazioni delle norme dell’art. 142 del codice della strada debbano essere collocati ad almeno un chilometro dal segnale stradale che impone il limite di velocità, ha inteso riferirsi unicamente ai casi in cui i dispositivi siano finalizzati al controllo remoto delle violazioni, e cioè siano collocati ai sensi del citato art. 4 del D.L. n 121 cit. (come convertito in legge) e, perciò, non riguarda i casi in cui l’accertamento dell’illecito sia effettuato con apparecchi elettronici mobili presidiati con la presenza di un organo di polizia stradale, la cui distanza deve essere soltanto adeguata e non è, quindi, da ritenersi prefissata normativamente”

Gli Ermellini specificavano che tale interpretazione fosse un risultato in rigor di logica della ratio stessa della norma della L. 120, che mira a consentire all’utente della strada di ritenersi avvisato circa il mutamento del limite di velocità, al fine di regolare quest’ultima in condizioni di sicurezza, ma,

nell’ipotesi di accertamento eseguito con modalità manuale mediante apparecchi elettronici nella diretta disponibilità della polizia stradale e dagli stessi agenti gestiti con la presenza in loco, quest’ultima predisposizione rappresenta un elemento ulteriore, rispetto al punto in cui risulta apposto il cartello indicatore del limite di velocità, per effetto del quale l’utente è messo nelle condizioni di avvistare, con maggiore anticipo, la stessa posizione di rilevamento, così rimanendo giustificata l’esclusione dell’osservanza del predetto limite di un chilometro previsto dall’art. 25, comma 2, della L. n. 120 “ (sul punto la Suprema Corte ha anche richiamato la Cass. n. 32104 del 2019).

Dunque, il ricorso veniva rigettato giacché il rilevamento della velocità, nella fattispecie concreta, era stato effettuato con apparecchio mobile manualmente approntato e fatto funzionare e dunque non doveva rispettarsi il limite di un chilometro, dovendosi invece ritenere sufficiente, per il tipo di strada in cui era stato eseguito l’accertamento (classificata, come detto, come “strada extraurbana principale”),

osservare una distanza solo “adeguata” dal punto di installazione dell’apparato a quello del concreto rilevamento della velocità, in modo da garantirne il tempestivo avvistamento.” Come precisato nella pronuncia in commento, anche le precedenti n. 25769 del 2013 e n. 20327 del 2018 hanno stabilito che “la distanza tra segnali stradali o dispositivi luminosi e la postazione di rilevamento con modalità manuale deve essere valutata in relazione allo stato dei luoghi, senza che assuma alcun rilevo la mancata ripetizione della segnalazione di divieto dopo ciascuna intersezione per gli automobilisti che proseguano lungo la medesima strada.”

Dunque, è sufficiente che il giudice di merito accerti,

in coerenza alle finalità perseguite dalla disposizione di cui all’art. 4 del D.L. n. 121 del 2002, conv. in L. n. 168 del 2002, l’effettiva esistenza di un cartello premonitore sulla strada percorsa e la sua collocazione a congrua distanza rispetto alla postazione di rilevazione della velocità, in modo che l’avvertimento, come poi confermato del D.M. del 15 agosto 2007 art. 2, possa ritenersi effettivo”.

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Cassazione civile sez. VI 14.09.2022 (ud. 16.062022 dep. 14.09.2022) n.26959