ASPETTI DELL’INFORTUNIO IN ITINERE PER IL MEDICO

La Corte di Cassazione Civile, sezione lavoro, con l’ordinanza n. 21122 del 12 settembre 2017 ha escluso l’infortunio in itinere per il medico che percorre un breve tratto in automobile per un’urgenza

Anche se vi è un’urgenza, l’uso del veicolo da parte del sanitario non può dirsi necessario se la distanza da coprire è di qualche centinaia di metri. In tal modo si sono espressi i giudici di legittimità che hanno negato l’invocata tutela assicurativa con riguardo al sinistro occorso al suddetto professionista durante il tragitto casa-lavoro.

Il caso di specie:

Una dottoressa, responsabile del servizio di nefrologia e trapianti, aveva subito un incidente stradale lungo il tragitto che portava dalla propria abitazione alla struttura sanitaria.

A causa delle lesioni riportate il dottore instava per il riconoscimento del suddetto evento quale infortunio in itinere, ex art. 12 del D.Lgs. n. 38 del 23 febbraio 2000, con conseguente diritto nei confronti dell’Inail alle provvidenze per l’inabilità conseguita.

Anche se vittoriosa in primo grado, la dottoressa vedeva respinta la sua domanda in sede di gravame, a causa dell’uso non necessario del mezzo. Infatti, secondo i giudici dell’appello, l’uso del veicolo per raggiungere il luogo di lavoro non era necessario dato che l’abitazione della dottoressa distava circa 500/700 metri che avrebbero ben potuto essere percorsi a piedi, più facilmente invece che in macchina stante la presenza di sensi unici e di traffico.

Non assume alcun rilievo la circostanza che l’azienda ospedaliera avesse autorizzato la dipendente all’utilizzo del proprio mezzo con relativo parcheggio all’interno dell’ospedale, trattandosi di scelte datoriali che non potevano ricadere sull’Inail.

Di nessun rilievo anche l’ulteriore causale adottata a sostegno del gravame proposto, quale l’essere stata chiamata, quel giorno, a causa di un urgenza presso l’ospedale poiché percorrendo a piedi tale breve distanza avrebbe maggiormente garantito la sua presenza.

La Corte di Cassazione dal canto suo ritiene corretta la motivazione della Corte d’Appello.

Dott.ssa Benedetta Cacace


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