ACCORDI DI SEPARAZIONE CON ATTRIBUZIONI PATRIMONIALI E AZIONE REVOCATORIA

Anche gli accordi di separazione personale fra i coniugi, contenenti attribuzioni patrimoniali da parte dell’uno nei confronti dell’altro e concernenti beni mobili o immobili, possono essere oggetto di azione revocatoria di cui all’art. 2901 c.c.

Tribunale Cagliari, Sentenza del 06.06.2018

La vicenda giudiziaria

Insede di separazione consensuale un uomo, padre di tre figli, si è obbligato al mantenimento di due di loro all’epoca minorenni mediante il versamento mensile di Euro 300,00 in favore della madre e per garantire il mantenimento della figlia maggiorenne sì è impegnato al trasferimento del compendio immobiliare ed al versamento dell’importo mensile di Euro 100,00.

Con atto di citazione una Banca conveniva in giudizio due coniugi e la loro figlia maggiorenne  chiedendo che venisse dichiarata ai sensi dell’art.2901 c.c. l’inefficacia dell’atto di cessione di immobili in suo favore proprio in adempimento degli accordi in sede di separazione personale.

Il marito era debitore della Banca in forza di contratto di fideiussione da lui stipulato con l’attrice, del saldo passivo del contratto di conto corrente e di due biglietti decreti ingiuntivi emessi dal Tribunale.

La Banca chiedeva anche la condanna dei convenuti al risarcimento dei danni.

Ritualmente costituitisi in giudizio, i convenuti si opponevano all’accoglimento dell’avversa domanda contestando che sussistessero i presupposti di cui all’art.2901 c.c. per l’accoglimento della domanda revocatoria proposta dall’attrice, nonché quelli per la loro condanna al risarcimento del danno, mentre la figlia eccepiva la propria carenza di legittimazione passiva.

La decisione del Tribunale

La domanda revocatoria che l’attrice ha rivolto nei confronti di R.D. e R.E. è fondata e merita, pertanto, accoglimento.

Quando il fideiussore acquista la qualità di debitore

Innanzitutto le ragioni di credito della Banca verso l’odierno convenuto sorgevano per buona parte in data antecedente all’atto di disposizione oggetto della proposta azione revocatoria ed il Tribunale pone a fondamento della propria decisione la giurisprudenza consolidata della Corte di Cassazione secondo cui l’acquisto della qualità di debitore del fideiussore nei confronti del creditore procedente risale al momento della nascita del credito, sicché a tale momento occorre far riferimento per stabilire se l’atto pregiudizievole sia anteriore o successivo al sorgere del credito.

A riguardo viene per l’appunto richiamata la pronuncia n. 3676 del 15.02.2011

“L’azione revocatoria ordinaria presuppone, per la sua esperibilità, la sola esistenza di un debito e non anche la sua concreta esigibilità. Pertanto, prestata fideiussione in relazione alle future obbligazioni del debitore principale, gli atti dispositivi del fideiussore successivi alla prestazione della fideiussione medesima, se compiuti in pregiudizio delle ragioni del creditore, sono soggetti alla predetta azione, ai sensi dell’art. 2901, n. 1, prima parte, cod. civ., in base al solo requisito soggettivo della consapevolezza del fideiussore – e, in caso di atto a titolo oneroso, del terzo – di arrecare pregiudizio alle ragioni del creditore “.

In ordine alla revocabilità dell’atto di disposizione patrimoniale

L’art. 2901 c.c. dispone testualmente

“Il creditore, anche se il credito è soggetto a condizione o a termine, può domandare che siano dichiarati inefficaci nei suoi confronti gli atti di disposizione del patrimonio con i quali il debitore rechi pregiudizio alle sue ragioni, quando concorrono le seguenti condizioni:

1) che il debitore conoscesse il pregiudizio che l’atto arrecava alle ragioni del creditore o, trattandosi di atto anteriore al sorgere del credito, l’atto fosse dolosamente preordinato al fine di pregiudicarne il soddisfacimento;

2) che, inoltre, trattandosi di atto a titolo oneroso, il terzo fosse consapevole del pregiudizio e, nel caso di atto anteriore al sorgere del credito, fosse partecipe della dolosa preordinazione.

Agli effetti della presente norma, le prestazioni di garanzia, anche per debiti altrui, sono considerate atti a titolo oneroso, quando sono contestuali al credito garantito.

Non è soggetto a revoca l’adempimento di un debito scaduti.

L’inefficacia dell’atto non pregiudica i diritti acquistati a titolo oneroso dai terzi di buona fede, salvi gli effetti della trascrizione della domanda di revocazione”

Anche l’atto di disposizione patrimoniale che i coniugi pongono in essere in sede di separazione al fine di regolare ai sensi dell’art.156 c.c. i loro rapporti patrimoniali è assoggettabile all’azione revocatoria e ciò in quanto l’art. 2901 c.c. tutela il creditore, rispetto agli atti di disposizione del proprio patrimonio posti in essere dal debitore, senza alcun discrimine, circa lo “scopo” ulteriore, avuto di mira dal debitore nel porre in essere l’atto dispositivo.

Quindi sono soggetti alla azione revocatoria, in presenza delle condizioni di cui all’art.2901 c.c.,  anche gli atti aventi un profondo valore etico e morale: pertanto deve ritenersi indiscussa la possibilità di esperire l’azione revocatoria di cui all’art. 2901 c.c. nei riguardi degli accordi di separazione personale fra i coniugi, contenenti attribuzioni patrimoniali da parte dell’uno nei confronti dell’altro e concernenti beni mobili o immobili.

A ciò si aggiunga che l’atto con cui il debitore, a seguito della separazione dal coniuge, abbia trasferito a quest’ultimo la proprietà di un bene, in adempimento del proprio obbligo di mantenimento nei confronti del coniuge e dei figli dà luogo ad una attribuzione a titolo oneroso, salvo che non sia intervenuta, anteriormente al trasferimento, una riconciliazione tra i coniugi, nel qual caso si è in presenza di un’attribuzione a titolo gratuito.

“La giurisprudenza di legittimità ha altresì affermato che gli accordi di separazione personale fra i coniugi, contenenti attribuzioni patrimoniali da parte dell’uno nei confronti dell’altro e concernenti beni mobili o immobili, non risultano collegati necessariamente alla presenza di uno specifico corrispettivo o di uno specifico riferimento ai tratti propri della “donazione“, e – tanto più per quanto può interessare ai fini di una eventuale loro assoggettabilità all’ actio revocatoria di cui all’art. 2901 c.c. – rispondono, di norma, ad un più specifico e più proprio originario spirito di sistemazione dei rapporti in occasione dell’evento di “separazione consensuale” (il fenomeno acquista ancora maggiore tipicità normativa nella distinta sede del divorzio congiunto), il quale, sfuggendo – in quanto tale – da un lato alle connotazioni classiche dell’atto di “donazione” vero e proprio (tipicamente estraneo, di per sè, ad un contesto – quello della separazione personale – caratterizzato proprio dalla dissoluzione delle ragioni dell’affettività), e dall’altro a quello di un atto di vendita (attesa oltretutto l’assenza di un prezzo corrisposto), svela, di norma, una sua “tipicità” propria la quale poi, volta a volta, può, ai fini della più particolare e differenziata disciplina di cui all’art. 2901 c.c., colorarsi dei tratti dell’obiettiva onerosità piuttosto che di quelli della “gratuità“, in ragione dell’eventuale ricorrenza – o meno – nel concreto, dei connotati di una sistemazione “solutoriocompensativa” più ampia e complessiva, di tutta quell’ampia serie di possibili rapporti (anche del tutto frammentari) aventi significati (o eventualmente solo riflessi) patrimoniali maturati nel corso della (spesso anche lunga) quotidiana convivenza matrimonialo”.

Il Tribunale osserva che nel caso in questione l’entità e le caratteristiche del compendio immobiliare trasferito e la differenza di trattamento della figlia rispetto ai due minorenni non pongono in condizioni di reciprocità e di corrispettività l’adempimento del dovere genitoriale di contribuire al mantenimento dei figli con la prestazione in tal senso eseguita: in pratica il contenuto dell’atto depone nel senso che il trasferimento degli immobili non è avvenuto con funzione meramente sostitutiva rispetto alla previsione di un assegno periodico dovuto dall’uomo per il mantenimento della figlia maggiorenne, ma è andato ben oltre, visto che la maggior parte dei beni immobili presenti nel patrimonio del padre sono stati trasferiti in favore della figlia, beneficiaria anche di un assegno mensile di Euro 100,00 di poco inferiore a quello disposto in favore di ciascuno degli altri due figli.

L’atto di disposizione oggetto dell’azione revocatoria esperita dalla parte ricorrente deve, quindi, essere qualificato come atto a titolo gratuito, risultando peraltro dalla stessa lettura dell’atto pubblico, stipulato alla presenza di due testimoni, coi il quale l’uomo viene definito donante.

Il requisito oggettivo del c.d. eventus damni

L’atto di disposizione patrimoniale oggetto di revoca ha indubbiamente arrecato in via immediata e diretta alla Banca un sicuro pregiudizio: la diminuzione della garanzia patrimoniale sulla quale la stessa poteva contare ed in particolare dalla dismissione della maggior parte degli immobili di cui essa era composta.

Risulta, dunque, comprovata la sussistenza del presupposto oggettivo previsto dall’art. 2901 c.c. qui in esame, per il quale, com’è noto, è sufficiente che l’atto di disposizione del debitore abbia provocato per il creditore una maggiore difficoltà o incertezza nella esazione del credito (difficoltà rappresentata anche dalla sostituzione di elementi facilmente reperibili ed aggredirli come gli immobili con altri, quale il danaro, agevolmente occultabili e difficilmente aggredibili in via esecutiva).

L’elemento soggettivo

Per quanto concerne l’elemento soggettivo, per il valido esperimento dell’actio pauliana, considerata l’anteriorità delle ragioni di credito rispetto all’atto dispositivo e la gratuità del suddetto negozio, ai sensi dell’art. 2901, co 2, c.c., è unicamente necessario che il debitore abbia la conoscenza del pregiudizio arrecato alle ragioni del creditore.

Una volta dimostrato che l’uomo al momento della stipula dei trasferimento di tale consistente compendio immobiliare era a conoscenza dell’esistenza del credito nei confronti della Banca, deve ritenersi provato il dolo generico.

Avv. Tania Busetto


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