PUNIBILE EX ART 727 C.P. CHI NON CURA LA SALUTE DEGLI ANIMALI

Detenere un animale in condizioni tali da costringerlo ad un portamento innaturale, talida impedire o rendere difficoltosa la sua deambulazione o dal mantenere una posizione eretta e stabile, integra la violazione dell’art. 727 c.p.

Corte di Cassazione, terza sezione penale, sentenza n. 14734 del 2019

L’articolo 727 del codice penale, disciplina il reato di abbandono di animali e punisce:

“Chiunque abbandona animali domestici o che abbiano acquisito abitudini della cattività è punito con l’arresto fino ad un anno o con l’ammenda da 1.000 a 10.000 euro.

Alla stessa pena soggiace chiunque detiene animali in condizioni incompatibili con la loro natura, e produttive di gravi sofferenze”.

Nel caso di specie, il Tribunale di primo grado aveva ritenuto responsabile l’imputato, in quanto nella propria qualità di titolare di aziende agricole, aveva fatto trasportare una sessantina di asini di sua proprietà, destinati alla monticazione, alcuni dei quali erano detenuti in condizioni incompatibili con la loro natura e produttive di gravi sofferenze. In particolare diversi animali avevano gravi difficoltà di deambulazione a causa delle unghie troppo lunghe che dovevano essere limate da un maniscalco e un asino non era nemmeno in grado di reggersi in piedi e di affrontare il viaggio.

Secondo costante orientamento giurisprudenziale:

“il decreto penale, una volta fatto oggetto di opposizione, perde la sua natura di condanna anticipata e produce unicamente l’effetto di costituire il presupposto per l’introduzione di un giudizio del tutto autonomo e non più dipendente da esso, che, in ogni caso, ai sensi dell’art. 464, comma 3, c.p.p. è revocato ex nunc dal giudice che procede dopo la verifica della rituale instaurazione del giudizio, escludendosi pertanto la possibilità che il giudice del dibattimento conseguente all’opposizione possa dichiarare la nullità del decreto penale”.

La Corte di Cassazione ha chiarito che l’ambito di operatività dell’art. 727 c.p. è circoscritto all’abbandono di animali domestici o che abbiano acquisito abitudine alla cattività ed alla detenzione di animali in condizioni incompatibili con la loro natura e produttive di gravi sofferenze.

“La detenzione impropria di animali, produttiva di gravi sofferenze, va considerata, per le specie più note, attingendo al patrimonio di comune esperienza e conoscenza e, per le altre, alle acquisizioni delle scienze naturali, specificando che assumono rilievo non soltanto quei comportamenti che offendono il comune sentimento di pietà e mitezza verso gli animali per la loro manifesta crudeltà, ma anche quelle condotte che incidono sulla sensibilità psico-fisica dell’animale, procurandogli dolore e afflizione, prendendo in considerazione situazioni quali, ad esempio la privazione di cibi, acqua e luce, o il trasporto di bovini stipati in un furgono di piccole dimensioni e privo di aria”.

Nel caso in questione i giudici di merito avevano evidenziato come gli asini, a causa della lunghezza eccessiva raggiunta dalle unghie, avevano gravi difficoltà di deambulazione se non addirittura a stare in piedi, costringendoli ad assumere posture innaturali. Tale situazione non è solamente innaturale ma è anche produttiva di gravi sofferenze, dovendosi intendere, come tali, non soltanto quelle condizioni che possono determinare un vero e proprio processo patologico, ma anche i meri patimenti.

Detto ciò

“anche la detenzione di un animale in condizioni tali da costringerlo ad un portamento innaturale, tale da impedire o rendere difficoltosa la deambulazione o dal mantenere una posizione eretta e stabile, integra la violazione dell’art. 727 c.p.”

Dott.ssa Benedetta Cacace


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