SULL’AUTORICICLAGGIO

Autoriciclaggio e riutilizzo del bene

Corte di Cassazione, seconda sezione penale, sentenza n. 38422 del 2018

La Corte di Cassazione, seconda sezione penale, con la sentenza n. 38422 del 2018 affronta il caso riguardante un uomo che aveva rappresentato in maniera non veritiera a diversi utenti la necessità di fornire valori bollati in misura superiore rispetto al dovuto, con riferimenti agli atti riguardanti l’ufficio al quale era preposto, ed utilizzando i soli valori bollati realmente necessari, appropriandosi di quelli in eccesso, rivendendoli.

L’art. 648 ter 1 c.p., disciplina l’autoriciclaggio e dispone quanto segue:

“Si applica la pena della reclusione da due a otto anni e della multa da euro 5.000 a euro 25.000 a chiunque, avendo commesso o concorso a commettere un delitto non colposo, impiega, sostituisce, trasferisce, in attività economiche, finanziarie, imprenditoriali o speculative, il denaro, i beni o le altre utilità provenienti dalla commissione di tale delitto, in modo da ostacolare concretamente l’identificazione della loro provenienza delittuosa.

Si applica la pena della reclusione da uno a quattro anni e della multa da euro 2.500 a euro 12.500 se il denaro, i beni o le altre utilità provengono dalla commissione di un delitto non colposo punito con la reclusione inferiore nel massimo a cinque anni.

Si applicano comunque le pene previste dal primo comma se il denaro, i beni o le altre utilità provengono da un delitto commesso con le condizioni o le finalità di cui all’articolo 7 del decreto-legge 13 maggio 1991, n. 152, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 1991, n. 203, e successive modificazioni.

Fuori dei casi di cui ai commi precedenti, non sono punibili le condotte per cui il denaro, i beni o le altre utilità vengono destinate alla mera utilizzazione o al godimento personale.

La pena è aumentata quando i fatti sono commessi nell’esercizio di un’attività bancaria o finanziaria o di altra attività professionale.

La pena è diminuita fino alla metà per chi si sia efficacemente adoperato per evitare che le condotte siano portate a conseguenze ulteriori o per assicurare le prove del reato e l’individuazione dei beni, del denaro e delle altre utilità provenienti dal delitto.

Si applica l’ultimo comma dell’articolo 648”.

Gli Ermellini non condividono l’interpretazione fornita dal Tribunale del riesame nell’ambito dell’applicazione della norma appena enunciata, come limitato al reimpiego del bene provento di reato in attività economica lecita.

Il nostro legislatore, nel punire l’autoriciclaggio richiede che la condotta posta in essere dal soggetto abbia capacità dissimulatoria, ossia sia in grado di far ritenere che l’autore del delitto in questione abbia effettivamente voluto effettuare un impiego di qualunque genere ma sempre finalizzato ad occultare l’origine illecita del denaro o dei beni oggetto del profitto.

Tale ipotesi non è ravvisabile nel caso in cui l’autore dell’illecito si limiti solamente a goderne il profitto.

Quindi, per la contestazione del reato in questione non è necessario che il bene proveniente dal reato sia poi utilizzato in una attività lecita; ciò è quanto disposto dalla Corte di Cassazione con la sentenza in epigrafe.

Dott.Ssa Benedetta Cacace


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