UN CASO PARTICOLARE DI RIMESSIONE IN TERMINI


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Sulla rimessioni in termini 

Corte di Cassazione, quinta sezione penale, sentenza n. 35559 del 2019

La Corte di Cassazione, quinta sezione penale, con la sentenza n. 35559 del 2019 ha affermato che è riconoscibile il caso fortuito o la forza maggiore nel caso in cui il cliente non potendo avvalersi del proprio legale di fiducia, venga indirizzato da questo verso un suo collega successivamente rivelatosi inesistente.

Nel caso di specie il difensore dell’imputato aveva proposto ricorso avverso il provvedimento in forza del quale era stata rigettata una richiesta di rimessione in termini, presentata nell’interesse del ricorrente al fine di impugnare un’ordinanza di archiviazione del GIP emessa nell’ambito di un procedimento che vedeva il ricorrente quale persona offesa.

Secondo la difesa dell’uomo si erano venuti a realizzare dei fattori assimilabili al caso fortuito e alla forza maggiore, tale da non consentirgli l’esercizio delle facoltà de quibus.

Nello specifico, l’avvocato da questi incaricato era stata destinataria di un provvedimento di interdizione dall’esercizio della professione forense; tuttavia la stessa aveva fatto sottoscrivere al suo assistito un mandato in favore di un nuovo legale ed in seguito ne aveva scoperto la sua inesistenza e la mancata presentazione di qualsivoglia impugnazione.

Gli Ermellini hanno accolto il ricorso rammentando che

“il mancato o inesatto adempimento da parte del difensore di fiducia dell’incarico di proporre impugnazione, a qualsiasi causa ascrivibile, non è idoneo a realizzare le ipotesi di caso fortuito o forza maggiore che legittimano la restituzione nel termine, poiché consiste in una falsa rappresentazione della realtà, superabile mediante la normale diligenza ed attenzione, e perché non può essere escluso, in via presuntiva, un onere dell’assistito di vigilare sull’esatta osservanza dell’incarico conferito, nei casi in cui il controllo sull’adempimento defensionale non sia impedito al comune cittadino da un complesso quadro normativo”.

Tuttavia il caso in questione è assai peculiare, non essendosi verificata alcuna dimostrazione di “imprevedibile ignoranza” di alcuna norma giuridica, né di negligenza inescusabile del difensore di una parte processuale; in altre parole il cliente non si era trovato al cospetto di un avvocato di cui forse poteva prevedere l’incompleta preparazione ma di un professionista che in vista di uno specifico adempimento e nell’impossibilità di provvedervi in prima persona gli aveva indicato un collega, rivelatosi poi inesistente.

In definitiva, un conto è l’essere a conoscenza di essere assistiti da un legale, per poi rendersi conto che sarebbe stato necessario porsi il problema della sua diligenza, altra cosa invece è pensare di trovarsi innanzi ad un avvocato ma scoprire in un secondo momento, dopo avergli conferito incarico e corrisposto l’onorario che questo non esiste nemmeno.

Per tali motivi il ricorso merita accoglimento, e il ricorrente deve essere rimesso in termini per forza maggiore ex art. 175 del codice di procedura penale.

Dott.ssa Benedetta Cacace