TRENO IN RITARDO E RISARCIMENTO PATRIMONIALE

Nel caso in cui il treno sia in ritardo di diverse ore, si ha diritto al risarcimento?

Corte di Cassazione, terza sezione civile, sentenza n. 10596 del 2018

Il Tribunale di Milano, riformando la pronuncia del Giudice di Pace ha condannato Tizio e Caio alla restituzione in favore di una società di trasporto ferroviario, la somma di euro 417,37 già percepita dagli stessi in esecuzione della sentenza di primo grado.

I fatti di causa:

Tizio e Caia nel 2009 avevano convenuto in giudizio la società di trasporti, sostenendo che:

1) Tizio, in compagnia dei suoi minori si era recato in stazione ed aveva acquistato titoli di viaggio per un importo di euro 49,50;

2) il treno aveva fatto oltre 5 ore di ritardo per via di un guasto al sistema elettrico e di riscaldamento;

3) nel lasso di tempo necessario per aggiustare il guasto, i ricorrenti erano stati al buio e al freddo, ed in mancanza di assistenza da parte del personale addetto, questi non avevano potuto cambiare treno per raggiungere la loro meta.

Il Giudice di Pace aveva condannato la società di trasporti al pagamento della somma di 424,75 oltre agli interessi legali, a titolo di risarcimento del danno.

I due coniugi denunciano in relazione all’art. 360 primo comma, n. 3 c.p.c., la violazione dell’art. 1680 c.c., della legge n. 911/1935, degli artt. 1227 e 1175 c.c., nonché dell’art. 112 c.p.c.

Secondo Tizio il Tribunale doveva ritenere applicabile la l. n. 911/35 al contratto di trasporto ferroviario in quanto la società per invocare il caso fortuito avrebbe dovuto provare l’adeguata manutenzione del treno.

La decisione della Corte:

I giudici considerano non ravvisabile alcun danno patrimoniale dato che i ricorrenti avevano usufruito del servizio di trasporto.

La Corte d’Appello ha ritenuto che nel caso in oggetto si applicano i principi disposti dagli artt. 1218 e 1681 c.c., dato che il contratto di trasporto è un negozio giuridico avente natura sinallagmatica a prestazioni corrispettive, e tale contratto si perfeziona per il viaggiatore nel momento in cui acquista il biglietto, mentre per il vettore nel momento in cui arriva a destinazione.

Sul vettore incombe l’obbligo di una corretta manutenzione dei propri mezzi e nel caso in esame non era stato provato che la causa del ritardo fosse riconducibile al caso fortuito o alla forza maggiore, e il grave ritardo integra un caso di inesatto adempimento contrattuale e legittima la riduzione del prezzo del biglietto nella misura del 50%.

I ricorrenti, in seguito allo spiacevole incidente avevano contratto l’influenza, essendo stati al freddo per diverse ore aspettando la riparazione del mezzo; e pertanto richiedevano il risarcimento del danno non patrimoniale.

Gli Ermellini hanno ricordato che, secondo costante giurisprudenza:

“in virtù di una lettura costituzionalmente orientata dell’art. 2059 c.c., unica norma disciplinante il risarcimento del danno non patrimoniale, la tutela risarcitoria è data, oltre che nei casi determinati dalla legge, solo nel caso di grave e seria violazione di specifici diritti inviolabili della persona”.

Pertanto hanno precisato che:

“sono palesemente non meritevoli di tutela risarcitoria, invocata a titolo di danno esistenziale, i pregiudizi consistenti in disagi, fastidi, disappunti, ansie ed ogni altro tipo di insoddisfazione concernenti gli aspetti più disparati della vita quotidiana che ciascuno conduce nel contesto sociale e, che ogni persona inserita nel complesso sociale, deve accettare, in virtù del dovere di convivenza un grado minimo di tollerabilità”.

Nel caso in esame, il danno era sì stato provato, tuttavia non oltrepassava

“quella soglia di sufficiente gravità e compromissione del o dei diritti lesi, individuata in via interpretativa, dalle Sezioni Unite, quale limite imprescindibile al risarcimento del danno non patrimoniale”.

In particolare, dal certificato medico di evinceva solamente che Caia era stata affetta da una sindrome di raffreddamento con tosse, ma non della gravità della lesione e nemmeno il fatto che tale sindrome fosse conseguenza diretta ed immediata del disservizio subito.

Per tali motivi non può essere accolto il ricorso.

Scarica il testo della sentenza:

Corte di Cassazione, terza sezione civile, sentenza n. 10596 del 2018 

Dott.ssa Benedetta Cacace


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