TENTATO OMICIDIO DELLA CONVIVENTE

La Corte di Cassazione penale, sez. I, con la sentenza n. 808 del 10 gennaio 2017 ha disposto che al tentato omicidio della convivente non si applica l’aggravante ex art. 577 c.p. prevista per il coniuge

Munito di coltello aggredisce la convivente, la Corte di Cassazione, con la sentenza in esame, esclude che gli si possa applicare l’aggravante prevista dall’articolo 577 c.p ed è invece corretto qualificare il fatto come tentato omicidio e non come lesioni.

La Corte ha ribadito che l’aggravante prevista dall’articolo 577, ultimo comma, codice penale, che prevede la reclusione da ventiquattro a trent’anni di carcere per chi uccide il coniuge, non è applicabile al convivente more uxorio.

Non si può ritenere che l’evoluzione del costume sociale giustifichi l’equiparazione del coniuge al convivente, se da tale equiparazione deriva l’applicazione analogica di una circostanza aggravante, con conseguente aumento della pena.

La norma penale sanzionatoria è sottoposta al principio di legalità, contenuto nell’articolo 2 codice penale, e nell’articolo 25 Costituzione, e per tale motivo non è suscettibile di estensione analogica.

Nel caso in esame, l’equiparazione tra coniuge e convivente appare improponibile anche per altre ragioni. La Corte Costituzionale infatti, in passato aveva già escluso che possano applicarsi al convivente more uxorio le norme penali di favore previste dal codice penale con riguardo al coniuge (sentenza Corte Costituzionale n. 352/2000).

La differenza di trattamento fra coniuge sotto il profilo penale, ha resistito al vaglio della Corte costituzionale sul presupposto che non è irragionevole, né arbitrario che il legislatore:

“adotti soluzioni diversificate per la famiglia fondata sul matrimonio contemplato nell’art. 29 della costituzione e per la convivenza more uxorio”, essendo una scelta che rientra nella discrezionalità dell’azione legislativa”.

Anche se la sentenza della Corte Costituzionale appena citata non è poi così recente, essendo del 2000, e anche se il costume sociale può essere cambiato da allora, non va scordato che la legge 20/05/2016, n. 76 che reca in rubrica “Regolamentazione delle unioni civili fra persone dello stesso sesso e di disciplina delle convivenze” non ha operato alcun intervento per avvicinare la situazione della persona sposata a quella del convivente, quando ci si trovi dinnanzi al giudice penale.

 Dott.ssa Benedetta Cacace


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