SULLA PERICOLOSITA’ SOCIALE

CONFERMATA LA PERICOLOSITÀ SOCIALE NONOSTANTE L’ARCHIVIAZIONE DEL PROCESSO PENALE

Per la recente pronuncia della I Sezione civile della Corte di Cassazione civile del 28/04/2023, n.11203:

Il dato relativo all’archiviazione in sede penale dello straniero coinvolto in un procedimento concernente la realizzazione di una cellula terroristica non è sufficiente ad escluderne la pericolosità sociale. La finalità del provvedimento di archiviazione è quella di non consumare inutilmente l’azione penale, e con esso si evita di giungere ad una sentenza che, facendo stato sui fatti, impedisca la (eventuale) riapertura del procedimento, sicché la parte non può oggi invocare gli esiti del processo penale a suo carico – o le vicende della misura cautelare – come se si trattasse di una assoluzione nel merito. Di conseguenza, è legittima la valutazione di revoca della protezione concessa in origine allo straniero”.

La Suprema Corte in particolare, riteneva che nonostante l’archiviazione del procedimento penale fosse da confermare la pericolosità sociale di un soggetto accusato di far parte di una cellula terroristica, legittimando così la revoca della protezione, che era stata concessa in origine allo straniero.

In particolare, nella vicenda sottesa alla pronuncia in esame, accadeva che uno straniero, approdato in Italia, chiedeva ed otteneva la protezione dello Stato, ma poi veniva coinvolto in un procedimento penale per terrorismo.

In tale contesto l’uomo otteneva un’archiviazione, ma veniva confermata la sua pericolosità sociale che gli valeva la revoca della protezione.

Per i giudici della Corte d’Appello

la valutazione del patrimonio probatorio – a cominciare dalle intercettazioni ambientali – rivela una spiccata pericolosità sociale dello straniero, il quale ha abbracciato una ideologia ispirata a metodi violenti che predica il sovvertimento dello Stato laico in favore di uno stato teocratico di stampo islamista”.

Il contegno generale dell’uomo quindi, anche se non valeva una condanna, giustificava la sua pericolosità sociale:

emerge dalla sua contiguità con soggetti dell’organizzazione criminale, personaggi che ha frequentato per quattro anni, tanto da far nascere l’ipotesi di arruolarlo, evento non realizzatosi non già per il rifiuto del cittadino iracheno bensì per la sfiducia del capo della cellula, a cagione della stretta parentela dell’uomo con un combattente della fazione curda avversa”.

L’uomo dunque si rivolgeva alla Corte di Cassazione lamentando, per il tramite del proprio procuratore, che

con il decreto di archiviazione è stata esclusa in radice l’appartenenza dell’uomo alla cellula terroristica ed è stato altresì escluso un suo contatto con sospetti componenti o anche solo simpatizzanti della cellula”.

La Suprema Corte tuttavia rigettava le difese dello straniero, da una parte riconoscendo che il processo penale a suo carico si era in effetti arrestato con un decreto di archiviazione ma, dall’altra, ma chiarendo che tale provvedimento non fa stato, di per sé, sull’accertamento dei fatti.

Per gli Ermellini:

la finalità del provvedimento di archiviazione è quella di non consumare inutilmente l’azione penale, e con esso si evita di giungere ad una sentenza che, facendo stato sui fatti, impedisca la (eventuale) riapertura del procedimento, sicché la parte non può oggi invocare gli esiti del processo penale a suo carico – o le vicende della misura cautelare – come se si trattasse di una assoluzione nel merito”.

Dunque la Corte territoriale ben poteva

valutare autonomamente il materiale probatorio raccolto nel procedimento penale, materiale ritenuto, peraltro, sufficiente anche in sede penale a dimostrare l’esistenza di una cellula terroristica, e, in relazione a detto fatto, a verificare se il soggetto può ritenersi pericoloso per la sicurezza dello Stato, trattandosi peraltro di una valutazione avente finalità e presupposti diversi da quella volta ad affermare la responsabilità penale, poiché quest’ultima richiede la prova, aldilà di ogni ragionevole dubbio, della commissione di un fatto (o più fatti) in un determinato luogo e tempo, mentre la valutazione di pericolosità, pur muovendo da elementi di fatto, è essenzialmente un giudizio prognostico”.

Pertanto il Ministero dell’Interno, contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente, aveva fornito la prova della pericolosità dell’uomo.

Il ricorso quindi veniva rigettato e veniva stabilito il principio per cui l’archiviazione del processo penale per terrorismo non esclude di per sé la pericolosità sociale dello straniero

Scarica la sentenza

Cassazione civile sez. I – 28.04.2023, n. 11203

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