PROTOCOLLO SEZIONE IMMIGRAZIONE TRIBUNALE DI VENEZIA

Protocollo Immigrazione del Tribunale di Venezia

Il giorno 6 marzo è stato sottoscritto il “Protocollo Sezione Immigrazione” tra il Presidente del Tribunale di Venezia ed il Presidente del locale Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Venezia.

Tale protocollo ha suscitato numerose critiche in quanto si ritiene che contenga previsioni in contrasto con i più elementari diritti della parte processuale, in tal caso particolarmente debole ed ignara dei propri diritti.

La preoccupazione espressa è molto forte, sottolineano ASGI e Giuristi Democratici, alla luce del contenuto del Protocollo che opera una lesione grave del diritto di difesa del ricorrente/richiedente la protezione internazionale.

In particolare ci si riferisce ai punti 6 e 7 del Protocollo:

“6. L’audizione del ricorrente verrà condotta esclusivamente dal Giudice o dal GOT delegato, senza l’intervento del difensore.

7. I difensori, ove siano a conoscenza di malattie infettive del ricorrente, sono tenuti a comunicare la circostanza al Giudice prima dell’udienza e a richiedere al ricorrente la produzione di certificazione che attesti l’assenza di pericolo di contagio”.

Questi prevedono l’audizione del soggetto straniero da parte del giudice senza la presenza di un difensore e l’obbligo del difensore di comunicare al giudice, prima dell’udienza, se il ricorrente abbia contratto una malattia infettiva e nel caso produrre una certificazione medica attestante l’assenza di pericolo di contagio.

L’esclusione della partecipazione dell’avvocato all’udienza di comparizione del ricorrente innanzi al giudice, viola il codice di procedura civile e il dovere professionale riguardante la corretta esecuzione del mandato difensivo. Inoltre tale previsione viola il diritto di difesa tutelato dall’art. 24 Cost.

“Tutti possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi. La difesa è diritto inviolabile in ogni stato e grado del procedimento. Sono assicurati ai non abbienti, con appositi istituti, i mezzi per agire e difendersi davanti ad ogni giurisdizione. La legge determina le condizioni e i modi per la riparazione degli errori giudiziari”

, ma rischia anche di rendere vana o scarsamente efficace la stessa audizione del richiedente, il quale non conosce la normativa e di frequente non rileva particolari importanti ai fini del riconoscimento della protezione internazionale, in quanto non comprende che si tratta di fatti o di condizioni che gli consentirebbero il riconoscimento.

In tal senso è di fondamentale importanza l’intervento dell’avvocato per giungere ad una corretta decisione.

L’obbligo per il legale di rilevare dati ultra sensibili riguardanti il suo cliente, lede il diritto alla riservatezza ed alla dignità della parte, e viola la normativa italiana disposta dal Codice in materia di protezione dei dati personali. Infatti, si tratta di dati sensibili, il cui trattamento e la cui diffusione non è di norma consentito, e che possono essere oggetto di trattamento solamente nel caso in cui il consenso venga espresso per iscritto dall’interessato e previa autorizzazione del Garante.

Anche se si volesse far rientrare questo trattamento nell’ipotesi di salvaguardia dell’incolumità fisica di un terzo, in ogni caso sarebbe necessaria l’autorizzazione preventiva del Garante della Privacy.

Viene altresì disposto, solo a carico del ricorrente, l’obbligo di traduzione delle fonti di informazioni sul Paese di origine del richiedente, anche se non vi è alcuna specifica previsione di legge, in contrasto con l’ordinaria regola di utilizzo di documenti nel processo italiano e del fatto che le medesime fonti sono usate, senza obbligo di traduzione, sia dalle Commissioni territoriali che dallo stesso giudice.

Altra questione molto criticata è che viene disposto un compenso per la difesa di coloro che sono ammessi al gratuito patrocinio in misura inferiore ai parametri di legge e con effetto punitivo in caso di soccombenza, dimostrando, così, di non tenere in considerazione l’impegno professionale prestato dall’avvocato.

È preoccupante, non solamente il profilo di legittimità, ma anche l’opzione culturale che emerge dal protocollo, che tradisce lo svilimento della materia in questione, che è molto complessa e riguarda i diritti umani fondamentali, ed un pregiudizio nei confronti dei richiedenti asilo e dei loro difensori.

Tribunale Venezia Protocollo Sezione Immigrazione 6.3.18

Dott.ssa Benedetta Cacace


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